Astronomia

Rømer e la scoperta della velocità della luce

Oggi diamo quasi per scontato che la velocità della luce sia finita, nonostante molto elevata (circa 300.000 km/s) ma in passato ci sono stati pareri discordanti, dovuti anche alla difficile analisi del fenomeno; ad esempio secondo lo stesso Cartesio la luce aveva una velocità di propagazione istantanea ad ogni distanza.
Galilei propose un esperimento per determinare se la luce avesse o meno velocità finita misurando uno scarto temporale fra due uomini che posti ad una distanza considerevole avrebbero dovuto comunicarsi attraverso delle lanterne: il primo uomo avrebbe dovuto scoprire la lanterna il secondo avrebbe dovuto fare altrettanto quando avrebbe visto la luce del primo, così che il primo avrebbe osservato un ritardo dal momento in cui scopriva la sua lanterna e vedeva il raggio del secondo uomo.
Naturalmente questo esperimento fu inconcludente, dato che per le dimensioni che siamo abituati a vivere ed i nostri tempi di percezione questo scarto è troppo piccolo per essere percepito. Quindi anche nel periodo in cui Newton pubblicò la sua teoria dei colori ancora non si sapeva se la luce si propagasse istantaneamente oppure a velocità finita.
Il primo a portare chiarezza a riguardo fu Ole Rømer, un astronomo danese che visse a metà fra il XVII ed il XVIII secolo, collaboratore di Cassini, contemporaneo di Newton. Fu il primo a rendersi conto sperimentalmente che la luce si propaga a velocità finita, e riuscì a stimarla con notevole accuratezza per l’epoca!
Rømer nella seconda metà del XVII secolo aveva ripreso un metodo proposto da Galilei per misurare la longitudine attraverso l’osservazione delle eclissi delle lune di Giove. Dopo aver osservato decine di eclissi di Io, la prima luna di Giove, Rømer si rese conto che avveniva una anomalia rispetto al paradigma secondo cui la luce si trasmette istantaneamente: il periodo con cui si manifestavano le eclissi non era costante, dipendeva dalla posizione reciproca fra Terra e Giove. Se la luce si fosse propagata istantaneamente, a qualsiasi distanza si fossero trovate la Terra e Giove nel loro moto orbitale il periodo fra un eclissi e l’altra sarebbe dovuto essere lo stesso. Invece, il manifestarsi di questa anomalia non poteva che essere segno del fatto che la luce si propaga a velocità finita, e che variando le distanze fra la Terra e Giove a causa del moto orbitale, sarebbe variato sensibilmente anche il periodo con cui si sarebbero viste le eclissi dalla Terra.

rappresentazione che indica le fasi delle configurazioni planetarie fra la Terra e Giove Fonte

Da queste osservazioni Rømer pubblicò i suoi studi nel 1675 e dedusse che la luce impiega circa 11 minuti per percorrere la distanza Sole-Terra e che quindi viaggia a circa 227.000 km/s. Nonostante sia solo il 75% del reale valore di c si tratta di una misura dello stesso ordine di grandezza che rappresenta un’ottima approssimazione.

Fonte:
In Copertina, “A History of theories of eather and electricity: from the age of Descartes to the close fo the nineteenth century” cui trovate il link sotto:
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Un pensiero su “Rømer e la scoperta della velocità della luce

  • G della Torre del Sud

    Sei sempre molto acuto; a leggerti mi pare di sentirti parlare, mentre ascoltiamo i Wardruna e ci passano i corvi dalla finestra.

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