Fisica Terrestre

Rift Valley, ovvero: come si formano gli oceani?

Chi non ha mai sentito parlare della bellissima Rift Valley africana? Una vallata ampia e lunghissima che si estende per centinaia di chilometri quadrati nell’Africa Orientale. Oltre ad essere uno spettacolo incredibile è anche particolarmente interessante dal punto di vista geologico: vediamo perché.

scarpata rift valley golja (etiopia)
Valle del Golja, Etiopia

La Rift Valley africana è un esempio attuale dello sviluppo di un oceano, o meglio ne costituisce una delle fasi. Un oceano infatti si genera a partire da una zona detta di spreading (apertura, espansione) coincidente con una regione in cui vi sono serie di fratture lineari dalle quali fuoriesce materiale fuso: questa fuoriuscita è accompagnata dall’allontanamento dei due margini generati dalle fratture stesse. L’apertura o espansione di un oceano può verificarsi su terreni continentali, generando delle spettacolari morfologie come quelle della valle etiope del Golja (vedi foto), caratterizzata da alte e ripide scarpate di origine tettonica che delimitano una zona centrale pianeggiante e depressa rispetto alle regioni circostanti.

Un aspetto molto intrigante del rifting (ovvero il processo di separazione e rottura di porzioni della crosta terrestre) è l’intensa attività vulcanica ad esso collegata: non è raro trovare vulcani attivi alle pendici delle scarpate ed è anzi molto frequente trovarne in sequenza, in un fenomeno definito vulcanismo lineare: una serie di vulcani attivi lungo quella che in vista aerea è effettivamente una linea. Come mai si sviluppano in questo modo?

eruzione lineare tra erta ale e Hayli gubbi
Esempio di vulcani in sequenza lineare in un fenomeno di rifting

Il fenomeno del rifting comincia con la distensione della crosta ad opera di movimenti tettonici che agiscono servendosi di linee di frattura (faglie) lungo le quali i blocchi di roccia che esse stesse separano possono muoversi e formare le scarpate. In seguito accade qualcosa di molto interessante: poiché una volta che la crosta si è assottigliata il mantello sottostante si trova in una condizione di decompressione, le rocce che lo costituiscono iniziano a fondere formando dei magmi. Per via della differenza di densità tra le rocce molto dense del mantello ed il meno denso materiale fuso, quest’ultimo tende a risalire (come farebbe dell’olio sul quale viene versata dell’acqua) sfruttando però le linee di discontinuità generate dalle faglie. Essendo queste tendenzialmente rettilinee i vulcani che vi si formeranno seguiranno il suo andamento, ponendosi in sequenza.

*Quest’articolo è contributo di S. D’Annibale, studentessa di Geologia a La Sapienza

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