Planetologia

I semi della Chang’e-4, facciamo chiarezza

Sono germogliati o no? Sono vivi o sono morti? Le foto erano dalla Luna o dalla Terra? Insieme alle piante c’erano bachi da seta o moscerini da frutta? Sono morti a causa di un guasto tecnico? In questi 3 giorni c’è stato molto rumore attorno all’esperimento sulla Chang’e-4, dal quale si evince una sola cosa: che la CNSA ha un problema di comunicazione.

I primissimi giorni di quest’anno la China National Space Administration è riuscita a far atterrare la sua Chang’e-4 sul lato nascosto della Luna. Tra i molti esperimenti, uno era di particolare interesse dal punto di vista astrobiologico, soprattutto in vista di una eventuale futura progettazione di basi lunari. Il lander della Chang’e-4 ha portato con sé infatti un contenitore di circa 2.6 kg contenente dei semi di cotone, patata, rapa e Arabidopsis, insieme a uova di moscerini della frutta e lieviti. Il piano era semplice quanto interessante: le piante dovevano produrre ossigeno e cibo per fotosintesi, i moscerini consumare questi prodotti e i lieviti servivano invece per i processi di decomposizione, dando un’ulteriore sorgente di nutrimento per gli insetti.

La mini-biosfera era stata proposta da un gruppo di studenti insieme ad altri 250 progetti, in una competizione indetta dalla CNSA con l’obiettivo di coinvolgere il pubblico cinese sulla missione. Le piante non sono state scelte a caso: il cotone serve per la produzione di tessuti, le patate per il nutrimento e le rape per la produzione di olio, elementi essenziali per rendere il più indipendenti possibile gli eventuali coloni del futuro.

L’esperimento è iniziato poche ore dopo l’atterraggio nel cratere di
Von Kármán e prevedeva la ricostruzione di un ambiente di tipo terrestre all’interno del box, in grado così di proteggere gli organismi dall’ambiente ad elevate radiazioni e variazioni di temperatura tipico della superficie lunare.

I semi di cotone sono così germinati, diventando i primi (a meno di future scoperte) organismi viventi a nascere sulla superficie di un altro corpo del Sistema Solare. Non era però la prima volta che ciò avveniva all’esterno della Terra, essendo già stati fatti esperimenti simili sulle stazioni spaziali Mir, ISS e Tiangong-2.

In ogni punto della Luna il giorno dura 27 giorni (basti pensare alle fasi lunari che indicano proprio la geometria di illuminazione della superficie del nostro satellite), e lo strumento che doveva mantenere costante la temperatura all’interno del box a circa 25°C non disponeva di batterie. Ciò significa che non era previsto che durasse di più, ma solo quel numero di ore fino all’arrivo della notte lunare. La notte prolungata ha portato quindi all’esaurimento dell’energia e al raggiungimento di una temperatura di -52°C. Dopo 212.75 ore l’esperimento è terminato con la morte delle piante, e riprenderà quando il Sole arriverà a scaldare il box innescando i processi di decomposizione e fornendo quindi altri dati biologicamente preziosi.

Concludo con un piccolo commento personale. In tempi in cui l’approccio alla ricerca non è più di tipo competitivo ma di tipo collaborativo (la quasi totalità delle missioni spaziali nascono da progetti di ricerca internazionali che coinvolgono più agenzie spaziali contemporaneamente), la scarsità di informazioni diffuse e la difficoltà a comunicare da parte dall’Agenzia Spaziale Cinese sembra quantomeno estemporanea e potrebbe non ripagare in una prospettiva a lungo termine. La vicina agenzia spaziale giapponese (JAXA) ha ad esempio una versione del portale in lingua inglese e le collaborazioni internazionali sono vive e funzionanti, si veda ad esempio la missione BepiColombo nata dalla collaborazione con l’ESA che nei prossimi anni porterà una grande sonda in orbita attorno a Mercurio. Quindi, cosa aspetta la CNSA a fare lo stesso?

Fonte: Space.com, South China Morning Post, New Scientist

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