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Brevi cenni storici sulla nascita dell’astrofotografia

Galileo Galilei e John William Draper.  Due uomini vissuti a 200 anni di distanza. Due geni che hanno rivoluzionato la scienza astronomica.

L’astronomia è cosa antica. Appartiene agli albori della storia umana, da quando l’uomo alzò gli occhi al cielo chiedendosi, per la prima volta, cosa fossero quelle luci lassù. 

Si stima che la più antica rappresentazione di un evento astronomico risalga al 4500 (+/- 1000) BC, quando qualcuno, in India, decise di incidere su una roccia una scena di caccia con due oggetti brillanti nel cielo. Uno studio indica che i due oggetti  raffigurati nel cielo siano la Luna e una supernova. Quello che questi uomini videro fu probabilmente la supernova HB9.

Incisione rupestre ritrovata a Burzahom, India. A destra una rappresentazione grafica della scena incisa sulla roccia. Fonte: Oldest sky-chart with Supernova record.

E’ risaputo che le civiltà babilonese, egizia, cinese e, ovviamente, greca avessero una conoscenza astronomica avanzata, sebbene mistica nella sua interpretazione.

Fino alla nascita di Galileo, comunque, tutti i progressi fatti in astronomia erano frutto della sola osservazione del cielo a occhio nudo. Eppure, nonostante questo limite, dettero origine alle eretiche teorie eliocentriche Copernicane che serpeggiavano in Europa nel 1500-1600. Keplero già faceva calcoli sulle orbite degli “Erranti” (come erano chiamati al tempo i Pianeti). 

Con Galileo, tutto cambiò.

Non perché, come erroneamente si crede, Galileo avesse inventato il primo telescopio della storia. No, Galileo ha rivoluzionato l’astronomia perché ha avuto il genio, la curiosità e l’audacia, di puntare il suo cannone-occhiale (perfezionata evoluzione dei telescopi del tempo) verso il cielo stellato piuttosto che sulle bocche del porto di Venezia.

Scrutando, primo nella storia, l’universo con il suo cannocchiale, Galileo Galilei si rese conto di quanto fosse rivoluzionario il suo strumento. E le sue osservazioni.

Queste furono da lui raccolte e pubblicate in brevissimo tempo, nel Sidereus Nuncius, un libricino che si apre col seguente annuncio astronomico:

“[…] “1610, a dì 8 Marzo. Regist. in libro a car. 39. Ioan. Baptista Breatto off. Con. Blasph. Coad. AVVISO ASTRONOMICO CHE CONTIENE E SPIEGA OSSERVAZIONI DI RECENTE CONDOTTE CON L’AIUTO DI UN NUOVO OCCHIALE SULLA FACCIA DELLA LUNA, SULLA VIA LATTEA E LE NEBULOSE, SU INNUMEREVOLI STELLE FISSE, E SU QUATTRO PIANETI DETTI ASTRI MEDICEI NON MAI FINORA VEDUTI 

Grandi cose per verità in questo breve trattato propongo all’osservazione e alla contemplazione di quanti studiano la natura. Grandi, dico, e per l’eccellenza della materia stessa, e per la novità non mai udita nei secoli, e infine per lo strumento mediante il quale queste cose stesse si sono palesate al nostro senso. 

Grande cosa è certamente alla immensa moltitudine delle stelle fisse che fino a oggi si potevano scorgere con la facoltà naturale, aggiungerne e far manifeste all’occhio umano altre innumeri, prima non mai vedute e che il numero delle antiche e note superano più di dieci volte. 

Bellissima cosa e mirabilmente piacevole, vedere il corpo della Luna, lontano da noi quasi sessanta raggi terrestri, così da vicino come distasse solo due di queste dimensioni; così che si mostrano il diametro stesso della Luna quasi trenta volte, la sua superficie quasi novecento, il volume quasi ventisettemila volte maggiori che quando si guardano a occhio nudo: e quindi con la certezza della sensata esperienza chiunque può comprendere che la Luna non è ricoperta da una superficie liscia e levigata, ma scabra e ineguale, e, proprio come la faccia della Terra, piena di grandi sporgenze, profonde cavità e anfratti. 

Inoltre non mi pare si debba stimar cosa da poco l’aver rimosso le controversie intorno alla Galassia, o Via Lattea, e aver manifestato al senso oltre che all’intelletto l’essenza sua; e inoltre il mostrare a dito che la sostanza degli astri fino a oggi chiamati dagli astronomi nebulose è di gran lunga diversa da quel che si è fin qui creduto, sarà cosa grata e assai bella. 

Ma quel che di gran lunga supera ogni meraviglia, e principalmente ci spinse a renderne avvertiti tutti gli astronomi e filosofi, è l’aver scoperto quattro astri erranti, da nessuno, prima di noi, conosciuti né osservati, che, a somiglianza di Venere e Mercurio intorno al Sole, hanno le loro rivoluzioni attorno a un certo astro cospicuo tra i conosciuti, ed ora lo precedono ora lo seguono, non mai allontanandosene oltre determinati limiti. 

E tutte queste cose furono scoperte e osservate pochi giorni or sono con l’aiuto d’un occhiale che io inventai dopo aver ricevuto l’illuminazione della grazia divina.” — Sidereus Nuncius di Galileo Galilei.

Il cielo, da quel giorno, non fu più lo stesso. 

La prima grande novità riguarda la superficie della luna che, secondo la fisica e la cosmologia del tempo ancorate al principio di autorità e all’ossequio alla teoria geocentirca tolemaica, doveva essere liscia e perfetta come una sfera.

Della Luna, Galileo scriveva: “[…] la Luna non è ricoperta da una superficie liscia e levigata, ma scabra e ineguale, e, proprio come la faccia della Terra, piena di grandi sporgenze, profonde cavità e anfratti.” 

Un disegno della Luna in due diverse fasi Lunari presente nel Sidereus Nuncius (Galileo Galilei)

La seconda, riguarda le stelle fisse, che si rivelano essere molte di più del numero convenzionale tradizionalmente accettato. A riprova di ciò, Galileo traccia lo schema completo della cintura e della spada di Orione e della costellazione delle Pleiadi. Ciò spezza la rappresentazione dell’universo come un insieme compiuto, ordinato e limitato di astri, tutti noti all’occhio umano.

A sinistra, il disegno di Galileo della cintura e spada di Orione. A destra, la costellazione delle Pleiadi. Le stelle grandi, sono le stelle note, quelle visibili a occhio nudo. Le piccole, sono quelle scoperte da Galileo. 

Come terzo punto, Galileo spiega che la Via Lattea è “[…] nient’altro che una congerie di innumerevoli Stelle, disseminate a mucchi; ché in qualunque regione di essa si diriga il cannocchiale, subito una ingente folla di Stelle si presenta alla vista, delle quali parecchi si vedono abbastanza grandi e molto distinte; ma al moltitudine delle piccole è del tutto inesplorabile”.

Infine, l’osservazione più rivoluzionaria e eretica che si potesse fare. Nel Gennaio del 1610, Galileo scopre i quattro satelliti “medicei” (nominati così in onore di Cosimo II) orbitanti attorno a Giove. Questa osservazione costituisce la prova dell’esistenza, quindi, di corpi con un centro di rotazione diverso da quello della Terra (che Tolomeo immaginava al centro del sistema solare). E’ un pesantissimo argomento a favore della teoria copernicana.

Sull’osservazione del 15 Gennaio 1610, Galileo scrisse: “[..] Il giorno 14 fu tempo nuvoloso. Il giorno 15, all’ora terza di notte, quattro Stelle (Quelli che noi chiamiamo Io, Callisto, Europa e Ganimede) erano situate rispetto a Giove nel modo seguente: 

tutte occidentali, e disposte press’a poco sulla medesima retta; quella che era la terza a partir da Giove si sollevava di un poco verso Borea; la più vicina a Giove era la più piccola di tutte, le altre di seguito apparivano maggiori; gl’intervalli tra Giove e le tre Stelle seguenti erano tutti eguali e di due minuti, ma la più occidentale distava da quella a lei vicina di quattro minuti. […]

Galieo osservo’ Giove per mesi, quasi ogni notte, annotando e disegnando quello che vedeva. Un terzo del Sidereus Nuncius e’ il resoconto di queste osservazioni.

Da quel momento, l’astronomia divenne osservazione al cannocchiale e disegni a fissare su carta quello che gli astronomi vedevano. Del resto, la fotografia ancora non esisteva. 

Si dovranno aspettare circa 200 anni prima che, nel 1826, Joseph Nicéphore Niépce realizzasse la prima fotografia della storia, scattata da una delle finestre della sua tenuta in Borgogna (Francia). 

La prima fotografia della storia, ad opera del francese Joseph Nicéphore Niépce, del 1826.

Nel 1939,  il francese Louis Jacques Mandé Daguerre metteva a punto il primo processo di sviluppo fotografico, la dagherrotipia appunto. Nel Settembre di quello stesso anno, il Dr. John William Draper venne a conoscenza del processo di sviluppo fotografico ideato d Daguerre, dopo che la notizia, finalmente, arrivò anche in America. 

E’ a questo punto della storia che, nella primavera del 1840, la scienza astronomica subisce la sua seconda rivoluzione.

Per un anno, Draper cercò di migliorare il processo di sviluppo e di aumentare la sensibilità delle lastre per ridurre i tempi di esposizione: come Daguerre prima di lui, Draper voleva scattare la prima fotografia della Luna. 

Purtroppo, tutti i tentativi fatti in quei mesi, sia da Draper che da Daguerre, produssero solo immagini sfocate, mosse, sottoesposte. Fu solamente nella primavera del 1840 che John William Draper ebbe successo in produrre quella che passerà alla storia come la prima vera astrofotografia.

Quella qui sopra è la foto lunare più antica di cui si abbia conoscenza. E’ una delle primissime foto ottenute da Draper a essere pubblicamente esposte al New York Lyceum il 13 Aprile del 1840. L’immagine è la fotografia di una dagherrotipia ottenuta da Draper con una posa di 20 minuti, e si pensa risalga al 26 Marzo 1840.

Questa, segue di tre giorni lo storico annuncio del suo successo nel fotografare per la prima volta la Luna. Pertanto, questa non è la prima foto in assoluto.

A sinistra, un’immagine migliore della Luna, sempre attribuita a Draper  e datata 1840. A destra, un fotoritratto di John W. Draper, scattato da Edward Bierstadt (Smithsonian Institution, National Museum of American History)

Negli anni successivi, Draper continuò il suo lavoro fotografico sulla Luna. Lavoro che venne poi continuato da suo figlio Henry. Henry Draper scattò la miglior foto lunare dell’epoca nel Settembre del 1863, ma passò alla storia per aver scattato la prima fotografia di sempre della Nebulosa di Orione, nel 1880.

A sinistra, un fotoritratto di Henry Draper durante la guerra civile americana, dove prestò servizio come chirurgo nel 1862. Al centro, la migliore fotografia della Luna, ad opera di Henry Draper, datata 1863 (Hastings Historical Society). A destra, la prima foto della storia della nebulosa di Orione, sempre ad opera di Henry Draper, datata 1880.

Da quel momento in poi, l’astronomia non fu più la stessa, e i progressi fatti nel campo dell’astrofotografia furono prodigiosi.

Nel 1845, il francese Jean Bernhard Foucault fotografò il Sole per la prima volta.

La prima eclissi totale di Sole venne fotografata pochi anni dopo, nel 1851 dal tedesco M. Berkowski.

E poi fu la volta delle prime fotografie per le diverse fasi lunari, della prima cometa, fino alla prima foto della nebulosa di Orione nel 1880. 

Finalmente, nel 1886, il francese Henry Brothers riuscì a fotografare per la prima volta un pianeta del Sistema Solare: Giove. Poco dopo, nello stesso anno, Henry Brothers ripetè il suo exploit con la prima fotografia di un altro pianeta: Saturno.

La prima fotografia di Giove (a sinistra) e Saturno (a destra), del 1886 ad opera del francese Henry Brothers. Per queste immagini, Brothers utilizzò un rifrattore da 12.8″.

 E poi, ancora, foto di costellazioni, parti della Via Lattea, stelle e clusters.

La prima galassia a essere fotografata, fu Andromeda. Ci riuscì l’americano Edward Emerson Barnard, si pensa, nel 1892. Sì, proprio lui: quello stesso Barnard da cui il famoso Barnard’s Loop in Orione prende il nome.  Fu lui il primo a fotografarlo nel 1894.

La data esatta e’ sconosciuta, ma sicuramente risale al periodo tra il 1892 e il 1895. L’immagine fu acquisita con un telescopio Crocker da 6″, al Lick Observatory, Mount Hamilton, California.

Da lì in poi, l’astrofotografia prende il sopravvento e diventa parte integrante e importantissima nella scienza astronomica. E tale resterà fino ai nostri giorni. 

Andromeda, fotografata col telescopio Hubble della Nasa.

Qui potete trovare tutta la cronologia delle “prime” foto in astrofotografia (sito in inglese). E qui, sempre in inglese, una galleria con le foto dei pianeti del sistema solare che hanno segnato la storia del’esplorazione spaziale.

Certo, noi oggi abbiamo radio telescopi, vediamo il cosmo nell’infrarosso, nell’UV, nelle microonde, in bande strette, etcetera etcetera. Abbiamo sonde in orbita attorno ad altri pianeti e telescopi che sondano l’Universo in orbita attorno alla terra. 

Ma forse, tutto queste cose, sono più miglioramenti che rivoluzioni vere e proprie. Se vogliamo, la vera terza rivoluzione dell’astronomia è forse meglio rappresentata dall’avvento del digitale. Ma questa è un’altra storia, e ne parleremo in seguito.

Per concludere questa breve panoramica sulla storia dell’astrofotografia, guardate questa immagine. Questa è una fotocamera in uso nel 1840:

Ora guardate la vostra modernissima fotocamera digitale e pensate: “Se ci son riusciti loro …”

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