Astrofisica

Un buco nero supermassiccio superlight

La scoperta di un buco nero supermassiccio da meno di un milione di masse solari potrebbe fornire importanti indizi sulla formazione di questi mostri cosmici. Lo studio è stato condotto da un gruppo di ricercatori della Cardiff University, nel Regno Unito, tramite il telescopio Alma

Se già i buchi neri in generale sono impressionanti, quelli supermassicci sono oggetti incredibili: hanno masse immense – milioni o addirittura miliardi di volte quella del Sole. Ne troviamo al centro di molte galassie, tra cui anche la nostra Via Lattea, e si pensa che tutte le galassie più grandi ne ospitino uno nel loro nucleo, ben nascosto da nubi di gas e polveri.

Ne hanno trovato uno anche i ricercatori di un nuovo studio guidato da Timothy Davis dell’Università di Cardiff, che però ha qualcosa di particolare. È infatti estremamente piccolo, tra i più piccoli mai scoperti, avendo meno di un milione di masse solari. Si trova in Ngc 404, la galassia nota come Fantasma di Mirach (perché si trova nei pressi della stella Mirach, in Andromeda) ed è stato studiato sfruttando il telescopio Alma, sito all’osservatorio di Chajnantor sulle Ande cilene.

Ngc 404 immortalata dal Telescopio spaziale Hubble. Crediti: Esa/Nasa

Ma come si formano i buchi neri supermassicci? Le due ipotesi attualmente più in voga sono due. La prima è quella del collasso diretto: la loro massa si sarebbe addensata direttamente dal materiale dell’universo in formazione, subito dopo il Big Bang. La seconda ipotesi è invece quella che vede i buchi neri supermassicci formarsi dall’unione di più buchi neri classici, ossia quelli nati dal collasso di stelle massicce giunte alla fine della loro vita. In qualunque modo nascano, una volta in posizione i buchi neri supermassicci possono diventare più grandi inglobando materiale al centro della galassia in cui si trovano arrivando, forse, anche a raggiungere decine di miliardi di masse solari. La problematica cruciale sta nel tempo, che deve essere sufficiente per accumulare così tanta massa in un volume molto ristretto dello spazio.

«Se l’ipotesi del collasso diretto fosse corretta,» spiega a Media Inaf Federico Lelli della Cardiff University (Uk), uno degli autori dello studio, «i buchi neri potrebbero nascere con masse estremamente grandi. Tuttavia non abbiamo ancora prove osservative dirette per questo meccanismo teorico di collasso gravitazionale. Nel secondo caso, invece, buchi neri di origine stellare dovrebbero fondersi e accrescere materiale su tempi scala molto brevi, che sono in contrasto con semplici calcoli teorici.»

I modelli ci dicono che, se i buchi neri si sono formati per collasso diretto, allora devono avere un minimo valore di massa sotto la quale non si sarebbero potuti formare. Trovare quindi dei buchi neri supermassicci molto piccoli potrebbe fornire indicazioni su quale dei due modelli descriva meglio la realtà, se la loro massa fosse minore di tale valore di massa minima.

«Il buco nero in Ngc 404 ha una massa compatibile con quella prevista dai modelli di collasso diretto,» continua Lelli. «D’altra parte, la galassia ospite è molto probabilmente il risultato di una recente interazione o fusione di due galassie nane più piccole, perciò non possiamo escludere che il buco nero al suo centro sia nato dalla fusione di due buchi neri meno massivi. In ogni caso, è fondamentale stabilire quale sia la massa minima possibile per un buco nero supermassiccio e questo studio ha ulteriormente spostato tale limite verso valori più bassi, chiarificando perché vi fossero delle incongruenze in stime precedenti».

Un singolo caso non può comunque essere sufficiente per capire quale delle due ipotesi sia più valida. Per un’operazione simile bisogna infatti poter fare statistiche su un grande numero di casi. Tuttavia, è un passo nella giusta direzione.

Articolo pubblicato il 15 luglio 2020 su Media Inaf

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