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Propulsori ad Effetto Mach: Spingere lo Spazio

E’ possibile realizzare un propulsore spaziale senza propellente? Vediamo insieme la soluzione che ci suggerisce Woodward grazie ad Einstein: l’Effetto Mach.

Introduzione

Nella ricerca (vera) in campo spaziale si studiano propulsori sempre più efficienti. Tutti i propulsori in campo spaziale sono propulsori a reazione (detti anche a getto). Spingono fuori qualcosa per ottenere, come reazione, una spinta in verso contrario, oppure reagiscono con l’ambiente spaziale. Oltre i propulsori a getto, sono un esempio le vele solari, che scambiano quantità di moto con il flusso di fotoni del Sole, od i satelliti con il cavo, che scambiano quantità di moto mediante il campo magnetico del corpo celeste intorno cui orbitano.

I propulsori più efficienti che abbiamo attualmente: i propulsori al plasma

Negli scorsi anni vi abbiamo parlato dei propulsori al plasma. Sono i propulsori attualmente più efficienti, riuscendo ad essere persino 10 volte più performanti di un propulsore chimico e con gli sviluppi futuri dei propulsori a riconnessione magnetica anche ordini di grandezza superiori. Abbiamo anche approfondito la fisica alla base dei propulsori a reazione e di conseguenza perché non sia possibile fare altrimenti. Infatti non si può scegliere se usare o non usare “la reazione” come sistema di spinta. Proprio come non si può scegliere di usare il terzo principio di Newton. E’ una legge fisica.

Senza Reazione è sinonimo di Senza Propulsione

inizio momento debunking

E’ per questo motivo che molti esperimenti di propulsori “inerziali” non funzionano. Si tratta di dispositivi concepiti per sfruttare le forze inerziali dovute ad un sistema di masse in rotazione non bilanciato. Essenzialmente l’idea non è diversa da quando cerchiamo di spingerci con una sedia da ufficio (quella con le rotelle) senza spingere con i piedi per terra ma solo dando dei scatti con il busto. Spesso sono condotti da appassionati, ma ci hanno lavorato anche personaggi illustri come il divulgatore ed ingegnere Eric Laithwaite. Spesso vengono confusi per ipotetici dispositivi antigravitazionali e di conseguenza entrati in un filone di disinformazione (🛸).

Il problema nasce nell’ignorare che le strutture che vincolano le parti mobili di questi propulsori (parti che altrimenti andrebbero dove vorrebbero) reagiscono alla risultante delle forze inerziali a cui sono soggette le parti mobili, rendendo nulla la forza totale. Allora perché con la sedia funziona? Perché in questo caso abbiamo ulteriori vincoli con il mondo esterno, che permettono ciclicamente di cambiare le reazioni con esso (con il pavimento). Quando ci spostiamo con il busto stiamo spostando la nostra distribuzione del peso sulla sedia, e di conseguenza come grava sulle ruote. Quest’azione provoca la variazione dell’azione dell’attrito statico nelle ruote. Stiamo in realtà scambiando comunque quantità di moto con il pavimento senza accorgercene, ed è il motivo per cui questi dispositivi, applicati a delle guide lineari, talvolta possono comunque provocare uno spostamento (del centro di massa del sistema). Fenomeno noto anche come Stick-Flip, od Effetto Dean.

Uno degli esperimenti di Eirc Laithwaite sfruttando la precessione giroscopica. Nello specifico era convinto che i giroscopi potessero non rispondere al Terzo Principio della Dinamica. Fonte: BBC

Infatti un altro celebre esempio è il Dean Drive, formato da un sistema di masse identiche che si tirano e spingono attraverso degli attuatori. In questo video è evidente che il sistema effettivamente genera uno spostamento solo in presenza di guide lineari. Posto su un pendolo non fa altro che generare una serie di oscillazioni, senza alcun reale spostamento del centro di massa.

Infatti tutt’altro discorso vale per un dispositivo immerso in uno spazio libero, cioè senza forze vincolari con l’esterno, ad esempio un satellite od un aeromobile. Riuscire ad ottenere una spinta in tali condizioni sarebbe come voler usare la forza magnetica per far volare un aereo di ferro con un magnete attaccato all’aereo stesso. Se così non fosse avremmo la generazione di energia dal nulla, quantità di moto che non si conserva. Cose che invece si conservano tutti i giorni in tutte le azioni che compiamo e spesso neanche ce ne accorgiamo.

Il classico aereo a levitazione magnetica che il cugino che lavora al moto perpetuo tiene in garage. Progettato con un CAD di ultima generazione.

fine momento debunking, torniamo seri

Quindi siamo costretti a buttare fuori materia ed essere così schiavi dell’equazione di Циолко́вский (Ciolkovskij) per sempre? No (plot twist!).

I propulsori ad Effetto Mach

C’è qualcosa di molto simile, ma dotato di fondamento, che si sta sviluppando al NIAC della NASA (NASA Innovative Advanced Concepts) che deriva da alcune ipotesi del nostro amato Albert Einstein. In pratica, è un propulsore “virtualmente” chiuso. Cioè che non sfrutta la reazione per scambiare quantità di moto con materia nei serbatoi o dell’ambiente spaziale. Bensì scambia quantità di moto con lo Spazio Reale, o se vogliamo pensare quadridimensionalmente: con lo Spazio-Tempo.
Per capire come sia venuta in mente a qualcuno una idea del genere, è necessario fare dei passi indietro agli inizi del 1900 e capire cosa sia l’Effetto Mach.

Il Principio di Mach

Ernst Mach. Fonte: Wikipedia

Cos’è l’Effetto Mach? Einstein si riferiva alla sua teoria della relatività ristretta, come ad una teoria che risponde al Principio di Mach. Egli era infatti (in gioventù) un sostenitore del Positivismo Machiano. Era una versione del Positivismo portata avanti da Ernst Mach, lo stesso Mach del numero per indicare le velocità in un fluido in rapporto alla sua velocità del suono ed ai coni di onde d’urto provocate da un flusso supersonico. Fu sia fisico che epistemologo.
Egli sosteneva che:

  1. La fisica si doveva basare esclusivamente su ciò che era direttamente osservabile, liberandosi così di tutti gli enti metafisici che ha introdotto. Si riferiva cioè a tutti gli enti introdotti matematicamente per descrivere quantità non direttamente misurabili. Un esempio è anche l’Etere Luminifero.
  2. Sosteneva che bisognava abbandonare i concetti di spazio e tempo assoluti a favore dei moti relativi.
  3. Di conseguenza, che fenomeni attribuibili a spazio e tempo assoluti come l’inerzia di un sistema e le forze inerziali che sperimenta non siano proprietà intrinseche dei corpi ma che dipendano dall’interazione con il resto dell’universo.

Fu dunque uno dei precursori della Relatività Ristretta e Generale. Capite bene cosa avesse in mente Einstein quando decise di distruggere l’Etere Luminifero, e quanto sia grande il potere dell’epistemologia in fisica. Il termine Principio di Mach lo coniò lo stesso Einstein per far intendere che la teoria della Relatività Generale rispondeva a tale principio. Non fu aderente al primo punto per tutto il resto della sua vita, ma questa è un’altra storia di cui magari parleremo un’altra volta.

L’analogo dell’Induzione Elettromagnetica per la Gravità

Quando scorgi delle analogie fra Forza Elettrostatica e Forza Gravitazionale

Arriva per chiunque quel momento in cui si scorgono delle analogie fra Elettrostatica e Gravità studiando Fisica. E’ evidente come le equazioni che descrivono le forze elettrostatiche e gravitazionali siano formalmente simili. Ciò fece riflettere anche Einstein durante il suo soggiorno a Praga (1911-1912), che si chiese: Gibt es eine Gravitationswirkung, die der elektrodynamischen Induktionswirkung analog ist? Esiste un effetto gravitazionale analogo all’induzione elettrodinamica? Provò a darsi una risposta pubblicando un articolo nel 1912.

Essenzialmente suppose che la massa inerziale di un oggetto potesse dipendere anche dalla presenza di un oggetto circostante, similmente a come un oggetto elettricamente carico induce una carica elettrica in un oggetto a lui vicino, e riuscì a descriverlo applicando la Relatività Ristretta. Attraverso la classica equazione E = mc2 è possibile infatti ricavare la massa inerziale m di un sistema di corpi in funzione della sua energia totale [E]. Nello specifico, Einstein usa come esempio due corpi. Uno puntiforme (un punto materiale) posto al centro di una calotta sferica, ovvero una superficie sferica di raggio R dotata di una massa omogeneamente distribuita su di essa. Li chiama rispettivamente P (di massa a riposo m) e K (di massa a riposo M). Prende in considerazione una calotta sferica perché la forza di gravità che agisce su un corpo all’interno di qualsiasi calotta sferica è nulla.

Ne avevamo parlato in questo articolo: Sotto terra la gravità è più forte?

Caso 1: Come variano le masse inerziali a causa dell’azione del campo gravitazionale di P sul sistema P+K.

Come abbiamo visto qui, il campo gravitazionale di una calotta sferica al suo centro è nullo e così l’unico campo gravitazionale prodotto è quello del punto P. Einstein mostra come la massa inerziale totale del sistema P+K è minore di un contributo dato dall’Energia Gravitazionale/c2.

Caso 2: Come variano le masse inerziali di P e K in moto a velocità costante

Inoltre mostra come nel caso in cui il punto P sia in moto rispetto a K a velocità costante, la massa inerziale [m’] di P in moto risulta pari non solo ad un incremento proporzionale alla sua Energia Cinetica, ma anche grazie ad un incremento dovuto alla sua Energia Gravitazionale, due energie che insieme costituiscono l’Energia Meccanica del sistema. Vale anche il viceversa, ovvero che nel caso di K in moto rispetto a P a velocità costante, la massa inerziale [M’] di K in moto è aumentata di un incremento proporzionale alla sua Energia Meccanica.

Caso 3: La scoperta di un “frame dragging” lineare

Infine mostra anche che la presenza di un’accelerazione [Γ] sulla calotta sferica K induce una forza [f] sul punto P nello stesso verso dell’accelerazione [Γ]. Un risultato opposto a quello che possiamo essere portati ad intuire. Infatti se K accelera verso “l’alto” come nell’immagine, secondo la meccanica classica P dovrebbe comunque rimanere fermo, dato che la forza di gravità che agisce sul punto P è nulla . Questa forza che emerge è proprio l’Effetto Mach.

Quindi si osserva che affinché si manifesti l’Effetto Mach è necessario che uno dei due corpi sia accelerato, e questa forza sembra essere di natura gravitazionale.

Siamo nel periodo intermedio fra i risultati della Relatività Ristretta e la pubblicazione della Relatività Generale, e percepiamo in Einstein la forte l’influenza del pensiero di Mach. Infatti nella calotta sferica K possiamo anche vederci, volendo, l’azione dell’intero Universo sul corpo P preso in considerazione. Ed in un ragionamento del genere possiamo riconoscere le idee che porteranno, seppur evolute in maniera molto diversa, all’Equazione del Campo Gravitazionale cardine della Relatività Generale.

Diamo delle considerazioni a questo risultato. Significa che la massa non si conserva? Che non sono valide le leggi fisiche a noi note? No. Infatti per massa inerziale intendiamo la quantità che, ricavata dal secondo principio della dinamica, fornisce il rapporto fra Forza ed Accelerazione che rispettivamente agisce e subisce il corpo. E’ dunque una misura della sua inerzia. L’inerzia è la riluttanza di un sistema a cambiare il suo stato di moto. Einstein così dimostrò che l’inerzia può cambiare con il Fattore di Lorentz, ma la quantità di materia (altro concetto che generalmente intendiamo con la grandezza “massa“), rimane sempre la stessa (massa invariante). Abbiamo trattato questo argomento (e quanto scritto nel prossimo paragrafo), più approfonditamente in questo precedente articolo:

Da ciò emerge una conseguenza importante: lo Spazio-Tempo (o se volete, lo Spazio Reale), è il mezzo che media l’inerzia, (ovvero la massa inerziale), oltre che la gravità. Naturalmente parliamo di un mezzo che non ha proprietà meccaniche al contrario della materia, altrimenti cadremmo nell’errore di immaginare l’esistenza di un Etere Meccanico che sappiamo non esistere.
Comunicando nel modo opportuno con esso, si può far cambiare la massa inerziale agli oggetti, e di conseguenza, ottenere una spinta di tipo gravitazionale, grazie al principio di equivalenza. Di conseguenza, scambiare quantità di moto ed energia attraverso di esso.

Dalla Teoria alla Pratica: Gli esperimenti di Woodward

Woodward (sinistra) e Fearn (destra). Fonte: Wired

Il primo a riferirsi all’Effetto Mach è stato James W. Woodward, come sinonimo di Effetto Woodward. Egli suppose che collegando due sistemi attraverso un attuatore così da spingersi e tirarsi a vicenda, similmente a qualsiasi propulsore inerziale ma variandone la massa inerziale opportunamente usando questo effetto predetto da Einstein, si potesse verificare e misurare una spinta. Un Propulsore ad Effetto Mach (MET: Mach Effect Thruster).

Panel del lavoro del team ad una conferenza. In particolare si osserva il grafico della forza dell’esperimento in funzione della tensione misurata durante gli esperimenti (in alto). In basso i grafici sovrapposti di varie misurazioni dei chirps Fonte: NextBigFuture, NIAC

Nei primi esperimenti puramente elettrostatici costruì un apparato sperimentale basato su una bilancia di torsione alla cui estremità porre una coppia di condensatori, uniti attraverso un disco di materiale piezoelettrico di titanato di zirconio (PZT), da usare come rapidissimo attuatore. L’uso di un dispositivo puramente elettrostatico permette un isolamento dall’esterno più facile usando una semplice gabbia di faraday. Il tutto posto in una camera sotto vuoto.
Il PZT, espandendosi e contraendosi sottoposto ad una tensione elettrica in un segno o nell’altro si comporta proprio come un attuatore, capace però di lavorare a frequenze molto più elevate di qualsiasi apparato meccanico basato su principi diversi. Vediamo come funzionava, partendo da una condizione a riposo dove i due condensatori sono scarichi ed il PZT non eccitato.

In alto: Configurazione a Riposo, con condensatori scarichi.
Al centro: PZT in espansione e condensatore di sinistra in caricamento.
In basso: PZT in contrazione e condensatore di destra in caricamento.
  • 1) Espansione. Il PZT si espande mentre uno dei due condensatori si sta caricando. Sottoposti ad una accelerazione [Γ], i condensatori subiscono la Forza predetta da Einstein nel verso di espansione. Ma dato che l’energia interna di uno dei condensatori aumenta, aumenta la sua massa inerziale e la Forza d’Effetto Mach per quel condensatore. La risultante delle Forze è diversa da zero (R).
  • 2) Scarica: Il PZT raggiunge la sua massima estensione ed il condensatore si scarica.
  • 3) Contrazione: Il secondo condensatore si carica mentre il PZT si contrae. Di conseguenza i condensatori sono soggetti ad un’accelerazione [Γ] in verso opposto e subiscono la Forza dell’Effetto Mach che nel caso del condensatore carico è maggiore. La risultante delle Forze è diversa da zero (R).

Successivamente Woodward cambiò approccio ponendo un solo condensatore realizzato usando come isolante elettrico (dielettrico) fra le piastre lo stesso PZT, racchiuso fra due dischi, uno di ottone ed uno di alluminio. All’interno del PZT è posto un misuratore di pressione (strain gauss) e tutto il sistema è posto nella gabbia di Faraday situata all’estremità della bilancia di torsione sotto vuoto. Il sistema funziona come nel caso precedente, solo che non c’è l’azione del secondo condensatore.

Fonte: NextBigFuture, NIAC

L’Esempio della Canoa con i Secchi

Se volessimo usare un esempio più vicino alla vita di tutti i giorni per descrivere il funzionamento dell’Effetto Mach, potremmo immaginare che il sistema funziona come una canoa dotata di secchi all’estremità dei remi.

Iniziamo immaginando di tenere i secchi in aria vuoti e di portarli in avanti. Per reazione la canoa viene spostata indietro (terzo principio della dinamica). Portati verso prua, li immergiamo, raccogliamo dell’acqua e li tiriamo fuori. Ora la massa dei secchi è aumentata grazie all’acqua, e li portiamo verso poppa. Di nuovo per reazione il sistema “canoa” viene spostato in avanti, ma questa volta lo spostamento è maggiore, dato che i secchi sono pieni. Di conseguenza il centro di massa del sistema si sposta in avanti. Portati a poppa i secchi possono essere svuotati e cominciare un nuovo ciclo. Quindi nel caso di questi propulsori, l’acqua su cui la nave si muove altro non sarebbe che lo Spazio-Tempo stesso.

Implicazioni Teoriche

Energia e la quantità di moto si conservano?

Nella spiegazione abbiamo cercato di rendere chiaro il meccanismo alla base della formazione di una spinta. Se consideriamo che la spinta può essere costante, possiamo quindi parlare di spostamento del propulsore, del lavoro che ha esercitato e di una energia cinetica acquisita.

Sappiamo che per muoverci spostando la materia, nel sistema propulsore-getto espulso, la variazione totale della quantità di moto è sempre zero. Ciò è in stretta relazione al terzo principio di Newton, perché la forza fra le due “metà” del sistema è dovuta alla reazione.

Quindi da un’analisi prettamente newtoniana, l’Effetto Mach non conserva localmente la sua quantità di moto perché non spinge su materia, acquisendo così quantità di moto. Ciò porterebbe il sistema comunque a violare le leggi della fisica a noi note, almeno apparentemente, perché non stiamo prendendo in considerazione la Relatività Generale.

Il problema della conservazione del momento e dell’energia è emerso fin da subito, dal momento delle prime pubblicazioni di Woodward. Di conseguenza i principi di conservazione sopra citati impongono che se questo sistema funziona sta scambiando quantità di moto ed energia con il resto dell’universo. Quindi con lo Spazio-Tempo, essendo l’Effetto Mach di natura gravitazionale.
Heidi Fearn, ora a capo del progetto al NIAC, afferma infatti che è concettualmente simile all’effetto Fionda Gravitazionale. Le sonde scambiano quantità di moto con i pianeti attraverso la gravità, mentre questi lo farebbe con la massa-energia del resto dell’universo. Ciò ha fatto rinominare il MET in MEGA Drive (Mach Effect Gravitational Assist Drive). Fearn afferma che lo spazio-tempo avrebbe di conseguenza un potenziale gravitazionale [Φ] anche a riposo, quindi nel caso di Spazio-Tempo di Minkowski, della forma: Φ = c2.

Fondamenti Teorici e Sperimentali

Una rappresentazione artistica del satellite LARES, centrato da un raggio laser, insieme al fenomeno del “frame-dragging” previsto dalla teoria della relatività generale. Il frame-dragging, una deformazione spaziotemporale dovuta alla rotazione di una massa, è stato misurato con un’accuratezza senza precedenti mediante il satellite LARES. Fonte: SIF

Dunque partiamo da dei fondamenti: l’articolo di Einstein che introduce un primo esempio di frame dragging lineare nel 1912, e la verifica sperimentale che il frame dragging di rotazione avviene per pianeti in rotazione. Nel caso della rotazione ciò che si osserva è che un corpo rotante è in grado di trascinarsi dietro lo spazio tempo, deformandolo come in un vortice. Nel caso della rotazione questo fenomeno porta il campo gravitazionale a diminuire di intensità. La quantità di cui diminuisce da contributo ad una componente rotazionale del campo gravitazionale. Questa sarebbe l’analogo gravitazionale del campo magnetico in elettrodinamica. Infatti è ricavabile matematicamente applicando le Equazioni di Maxwell al campo Gravitazionale. Formule che prendono il nome di Gravitomagnetismo (GEM). Esistono vari esperimenti in LEO polare (Low Earth Orbit), come l’italiano LARES e lo statunitense Gravity Probe B con lo scopo di misurare questo effetto sull’orientamento di opportuni satelliti.

Implicazioni sulla Gravità

Fearn ed il resto del team stanno ponendo affidamento sull’evoluzione della Teoria della Gravità di Hoyle-Narlikar per spiegare la natura non locale di tale effetto. Si tratta di una teoria ispirata a quella dell’Assorbitore Emettitore di Wheeler-Feymann, sempre basata sul Principio Machiano, e che si può ricondurre alla Relatività Generale come caso specifico nel caso di un sistema idrodinamico di particelle levigate. Si tratta dunque di una Teoria Conforme della Gravità.

Stato Attuale dei Lavori

Fonte: NextBigFuture, NIAC

Attualmente il Team del NIAC sta cercando di ottimizzare il sistema per un reale impiego spaziale. Attualmente produce una spinta di circa 4 μN usando circa 200 W di potenza elettrica media, ma si può migliorare, stando a quanto affermato da Fearn. Invece di scalare le pile di PZT dei condensatori per farli più grandi, l’ideale sarebbe renderle più piccole, così da aumentarne la capacità e l’efficienza, diminuendo la potenza necessaria. Ogni propulsore da usare in campo spaziale sarebbe dunque composto da migliaia di queste pile. Il Team ha anche proposto un design di sonda spaziale da inviare verso Proxima Centauri usando questo sistema per arrivare ad una velocità di circa 0.4 c permettendo un viaggio interstellare di pochi anni, alimentato da un reattore a fissione nucleare. Il rendering è quello che trovate in copertina.

Il Propulsore Elicoidale al Plasma

Immagine di come dovrebbe apparire la traiettoria del plasma nel Propulsione Elicoidale. Fonte: NASA

Recentemente è stato pubblicato, ma ancora in attesa di revisione, un articolo secondo cui sarebbe possibile realizzare un propulsore ad Effetto Mach usando del plasma al posto dei condensatori. Per variare il contenuto di energia cinetica del plasma a cui è legata la variazione di massa inerziale si sfrutterebbe un tracciato a forma di elica, da cui il nome del propulsore, in cui accelerare e decelerare il plasma.

EMDrive

Foto dell’Apparato. Fonte: EMDrive

Un propulsore che apparentemente avrebbe dovuto funzionare attraverso le fluttuazioni di massa secondo la relatività speciale è l’EMDrive. Si tratta di una camera di risonanza per onde elettromagnetiche a forma di tronco di cono, i cui esperimenti su bilancia di torsione avrebbero misurato uno spostamento del centro di massa mentre nella camera venivano fatte rimbalzare le microonde. Ulteriori analisi hanno portato a verificare che tale spostamento derivava dal surriscaldamento dell’apparato. Riscaldandosi, il metallo di cui è composta la cavità si dilata, spostando di conseguenza il centro di massa (fonte). Ciò ha confermato che il dispositivo in realtà non funziona. Nonostante i risultati già la teoria alle spalle dell’EMDrive era poco solida, dato che avrebbe dovuto far emergere una massa inerziale equivalente per le onde elettromagnetiche quando sappiamo che loro non hanno neanche massa a riposo.

In Conclusione

Il risultato delle analisi dei dati sull’esperimento dell’EMDrive è importante perché deve far sempre ricordare che progettare un esperimento non è per niente facile. Ci sono moltissime variabili da controllare e non sempre ciò è possibile farlo facilmente. Queste possono inficiare nella genuinità dei dati dell’esperimento, soprattutto quando le grandezze da misurare sono molto vicine al valore della sensibilità degli strumenti. Nelle fonti trovate la descrizione molto dettagliata delle misure di controllo attuate per gli esperimenti di Woodward e Fearn che evitano i problemi incontrati con l’EMDrive.

In Copertina: Rendering Artistico della sonda propulsa dal MEGA Drive verso Proxima Centauri. In particolare sono evidenti i radiatori, gli scudi (destra) e l’apparato di telecomunicazione laser + payload (sinistra). Il propulsore è quel cilindro installato sulla destra all’inizio dei radiatori.

Fonti

Articoli:

A New Experimental Approach to Mach’s Principle and Relativistic Gravitation

Mach’s Principle, Action at a Distance and Cosmology

Theory of a Mach Effect Thruster I

Theory of a Mach Effect Thruster II

Conferenze:

Breakthrough Propulsion Workshop:

2016: 06. Dr. Heidi Fearn: “Hoyle-Narlikar Mach Effect”

SSI: Space Studies Institute:

at NIAC 2017: Mach Effects for In Space Propulsion: Interstellar Mission”

50: 03 Professor Heidi Fearn on Mach Effect Drives

APW 2020: 1. Hal Fearn

[EDIT: 22-04-2022]

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