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Viaggio nella costellazione di Orione

Alle nostre latitutidini, la costellazione di Orione è una delle più evidenti nei cieli invernali, e nasconde alcune delle più grandi meraviglie facilmente accessibili che il cielo ci riserva.

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Orion Spring, Bill Dickinson


Ma prima un piccolo inquadramento storico-mitologico [1]. Conosciamo la costellazione di Orione tramite la cultura greca, ma i greci stessi probabilmente l’hanno ereditata dalla Mesopotamia. I sumeri vedevano in Orione il gigante Uru-Anna (luce del cielo), il dio della natura che si rinnova ogni anno; in altre tradizioni mesopotamiche Uru-Anna viene sostituito da Gilgamesh, il mitico re protagonista dell’epopea epica.

Per i greci Orione era un gigante, figlio di Nettuno, che amava cacciare per i boschi con una clava di bronzo. Nel suo vagabondare incontra la principessa Merope, se ne innamora, e sotto l’effetto del vino cerca di prenderla con la forza. Il padre di Merope, re Enopione, lo fece allora accecare. Il gigante riuscì a raggiungere l’isola di Lemno, dove il dio Vulcano gli offrì la guida di un bimbo che lo avrebbe accompagnato ai confini del mondo, dove dormiva colui che solo gli poteva ridare la vista: Elio, il Sole. Orione si diresse allora verso Est, dove sorge il Sole, e la luce dell’alba gli ridonò la vista. A questo punto ci sono molti miti che portano in modi diversi il gigante alla morte. Il mito più diffuso vuole che Orione si innamorò delle Pleiadi, le figlie di Atlante, e che queste si fecero tramutare in stelle per evitarlo. Dopo di ciò, Orione scatenò l’ira di Diana, vantandosi di saper cacciare meglio di lei, e questa lo uccise inviandogli contro lo Scorpione. Gli déi decisero per compassione di tramutare entrambi, Orione e lo Scorpione, in costellazioni.

Un altro filone mitologico, riportato da Ovidio, invece dà un significato meno decoroso al nome di Orione. Giove, Nettuno e Mercurio si fanno ospitare per un banchetto da un vecchio contadino di nome Irieo. Alla fine del pasto, Giove chiede al contadino cosa avrebbe gradito in cambio, e questo chiede di avere un figlio. Gli dei allora urinano sulla pelle del bue ucciso da Irieo per offrirlo agli ospiti, e dieci mesi dopo da quel cumulo di pelle e urina nacque Urione (Piscione), che col tempo variò nome in Orione per renderlo più decoroso.

La costellazione di Orione si può facilmente osservare in autunno ed inverno cercando le famose e brillanti tre stelle che costituiscono la sua cintura. Oltre a queste, le stelle più luminose ed evidenti sono Betelgeuse e Rigel.
Betelgeuse è una gigante rossa variabile, con magnitudine oscillante tra 0.3 e 0.6 in un periodo di circa 5 anni. Rigel è una stella gigante bianco-azzurra di magnitudine 0.1. Per la cintura, da est verso ovest abbiamo Alnitak, Alnilam e Mintaka, di magnitudine 1.8, 1.7 e 2.2, rispettivamente.

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Una mappa della costellazione e delle sue componenti principali [3]

Uno degli oggetti che rende più famosa ed affascinante questa costellazione è il complesso nebuloso molecolare di Orione. Questo è un insieme di nubi che si estende tra la cintura e la spada di Orione costituito da M42, M43, l’anello di Barnard, la Testa di Cavallo e la Nebulosa Fiamma. Il complesso di Orione è la regione di formazione stellare a noi più vicina, trovandosi in media a 1600 anni luce di distanza. Anche per questa ragione da sempre è la nube più studiata dagli astronomi, e riveste un ruolo di grande importanza nella nostra comprensione dell’evoluzione delle nubi molecolari e delle stelle in formazione. Il complesso viene in genere suddiviso in Orion A, attorno alla Spada, ed Orion B, vicino la Cintura.

Orion A è dominata da M42, la Nebulosa d’Orione Facilmente osservabile ad occhio nudo, offre una vista mozzafiato anche con piccoli telescopi.
Contiene al suo interno l’ammasso aperto noto come Trapezio, le cui componenti principali sono stelle binarie, scomponibili anche con un telescopio in notti sufficientemente buie. In Orion A ci sono circa 700 stelle in fase di formazione, e attorno a 150 di queste il telescopio Hubble ha scovato dei dischi protoplanetari, ossia che si pensa porteranno alla formazione dei pianeti nel giro di qualche milione di anni.
Oltre alla Nebulosa d’Orione, Orion A contiene anche delle nubi più piccole: OMC-2, OMC-3 e NGC 1977.

In Orion B si trovano la Nebulosa Fiamma, NGC 2023, M78, NGC 2071, IC 434 e la famosa Nebulosa Testa di Cavallo. 
La Nebulosa Fiamma è una regione di idrogeno ionizzato HII ad est di Alnitak, che tuttavia non è la sorgente che le fornisce energia. Si ritiene che questa sia un ammasso di circa 300 stelle che si trova a sud nella nube.
M78 è una delle nebulose a riflessione più brillanti nel cielo, che riflette la luce delle circa 45 stelle note che vi si trovano all’interno.
La Testa di Cavallo è in realtà una protuberanza della nebulosa oscura LDN 1630, visibile perché si sovrappone a IC 434, un’altra regione HII. La Testa di Cavallo ha rivestito un ruolo fondamentale nello studio della formazione stellare all’interno dei cosiddetti Globuli di Bok, nubi oscure formate da gas e polveri molto dense, di cui si sospetta la Testa di Cavallo rappresenti un esemplare in formazione. Qui un video della nebulosa Testa di Cavallo in 4K.

Qui una carta astronomica dettagliata della costellazione di Orione.

[1] Margherita Hack, Viviano Domenici, Notte di Stelle, Sperling & Kupfer 2011, pp. 233-237
[2] Atlante di Astronomia, Istituto geografico DeAgostini
[3]http://sguisard.astrosurf.com/Pagim/Orion_constellation-HRVB-50mm.html#Picture2

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