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Planet Nine, pianeta o buco nero?

Sono passati ormai più di tre anni da quando il Professor Michael Brown propose l’esistenza di un nono pianeta nel Sistema Solare. Le ricerche proseguono, ma nel frattempo si è affacciata una nuova, incredibile ipotesi: Planet Nine potrebbe essere in realtà un buco nero.

Michael Brown fu uno dei principali promotori del declassamento di Plutone al ruolo di pianeta nano. L’Unione Astronomica Internazionale gli diede ragione, e da un giorno all’altro il Sistema Solare passò da nove a otto pianeti. Ma si vede che il Professor Brown mal sopportava che una buona fetta della popolazione mondiale continuasse ad odiarlo per questo, perché dieci anni dopo offrì la possibilità di un nuovo nono pianeta, il Planet Nine.

Il senso di colpa c’entra poco ovviamente: Michael Brown è uno dei massimi studiosi di corpi minori del Sistema Solare, ed in particolare di quegli oggetti che si trovano oltre l’orbita di Nettuno, i cosiddetti TNO, oggetti transnettuniani. Tra questi si contano un gran numero di comete, asteroidi (come Ultima Thule, ricordate la scamorza?) e pianeti nani, tra i quali per esempio Plutone, Haumea e Makemake. Studiando nel dettaglio alcuni di questi oggetti si rese conto che qualcosa non quadrava, delle anomalie nelle loro orbite erano inspiegabili con la disposizione attuale degli oggetti nel Sistema Solare. Serviva qualcosa di più, come una grande massa ancora più distante di Nettuno, serviva un altro pianeta gigante.

Michael Brown (a sinistra) a fianco a Konstantin Batygin. Credits: Caltech

Così nacque l’idea di Planet Nine (da una proposta di Brown e del suo collega Konstantin Batygin), un pianeta di 5-15 masse terrestri situato tra 300 e 1000 unità astronomiche (la distanza media della Terra dal Sole). Trovare un corpo del genere è un’impresa titanica, perché rifletterebbe pochissima luce solare, emetterebbe pochissima radiazione termica a causa delle sue gelide temperature, e si muoverebbe pochissimo rispetto allo sfondo del cielo, dato che un anno pianetanoviano durerebbe tra i 10 000 ed i 20 000 anni terrestri.

Adesso sembra esserci un’altra possibilità, che farebbe mantenere a Mike il primato di colui che ha ridotto il numero di pianeti nel Sistema Solare. In un articolo uscito su ArXiv.org (un sito dove si possono caricare articoli prima della loro pubblicazione su una rivista scientifica), gli autori Jakub Scholtz e James Unwin, hanno proposto che Planet Nine potrebbe in realtà essere un piccolo buco nero primordiale catturato dal Sistema Solare. I buchi neri primordiali sono oggetti che si sarebbero potuti formare nei momenti iniziali di vita dell’Universo, quando la sua densità era così alta da permettere la formazione di questi oggetti senza l’ausilio di un collasso stellare. Questi oggetti potrebbero essere anche piccoli, come 10 masse terrestri concentrate idealmente in un punto.

Recentemente, l’Optical Gravitational Lensing Experiment, per gli amici OGLE, ha rilevato la presenza di anomalie gravitazionali a 8 chiloparsec di distanza nella direzione del nucleo galattico. Queste anomalie potrebbero essere state causate da oggetti tra 0,5 e 20 masse terrestri in grado di deviare la luce proveniente da sorgenti lontane ed interpretabili come pianeti fluttuanti o piccoli buchi neri primordiali. Vagando, questi oggetti potrebbero essere catturati dai sistemi planetari come il nostro, e Planet Nine potrebbe rientrare in questa categoria. La cattura di un pianeta vagante è un evento particolarmente improbabile, ma comunque più probabile della formazione di un pianeta di quelle dimensioni a quella distanza dal Sole, dove i materiali per la formazione planetaria scarseggiano. Anche se Planet Nine come pianeta sembra un’ipotesi meno esotica di un Planet Nine buco nero, in realtà la cattura di un oggetto di questo tipo è parimenti improbabile.

Ma se trovare Planet Nine pianeta è difficilissimo, come si può vedere un buco nero primordiale? Beh, ci si aspetta che questi oggetti siano circondati da un leggero alone di antimateria che può collidere con la materia ordinaria producendo energia. Questa energia, sotto forma di raggi gamma, potrebbe essere misurabile, e per questo gli autori dell’articolo si metteranno al più presto ad analizzare l’archivio dei dati del Fermi Gamma-ray Space Telescope che dal 2008 osserva i cieli alla ricerca di eventi che emettono raggi gamma.

Sarebbe affascinante se, indirettamente, le ricerche di Michael “Pluto-killer” Brown ci avessero portato nel sistema solare non un nono pianeta, ma un primo buco nero: staremo a vedere quale campagna di ricerca darà per prima dei risultati a riguardo.

L’articolo su ArXiv.org

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