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3 modi per spostare un asteroide dalla sua orbita

Oggi è l’Asteroid Day, la giornata internazionale dedicata a questi piccoli vicini planetari. Li associamo sempre ai grandi disastri della storia geologica o del cinema, ma questi sassi spaziali hanno moltissimo da raccontarci sulla dinamica e sull’evoluzione del Sistema Solare.

Spesso li vediamo come nemici da cui difendersi, ma gli asteroidi sono anche dei preziosi alleati. Alleati che ci permettono di approfondire moltissimo le conoscenze sul sistema planetario in cui viviamo. A volte sono anche degli alleati bizzarri, che si comportano in modi particolari, per esempio trovandosi su orbite che mai ci saremmo aspettati. Ci sono in effetti vari meccanismi che riguardano la dinamica orbitale degli asteroidi che abbiamo compreso proprio studiando alcune di queste stranezze.

Le risonanze orbitali

il Sistema Solare è un sistema caotico: ogni corpo riceve spinte gravitazionali da tutte le direzioni a causa dell’interazione con l’enorme numero di corpi che compongono il sistema. Queste interazioni sono così numerose e caotiche da poter essere considerate casuali. Ciò significa che sul lungo periodo la forza media che quel corpo ha ricevuto è sostanzialmente pari a zero, perché prima o poi ogni contributo gravitazionale trova un suo opposto con cui in media il risultato è 0. 

Ci sono però alcuni casi in cui la forza gravitazionale esercitata da un corpo non è affatto casuale, ma si ripete ciclicamente in maniera definita. In questo caso i due corpi si dicono in risonanza orbitale e la loro interazione non si annulla con le altre interazioni casuali. Un classico esempio di questo fenomeno sono le interruzioni di Kirkwood, dei buchi nella Fascia Principale di Asteroidi in cui non c’è nessun corpo a causa della spinta gravitazionale esercitata periodicamente dal moto orbitale di Giove. Per esempio c’è l’interruzione di Kirkwood corrispondente alla risonanza 3:1, ossia il luogo in cui a ogni orbita di Giove corrispondono 3 orbite di un asteroide che vi si trovi. Allo stesso modo ci sono le interruzioni corrispondenti alle risonanze 5:2, 7:3 e 2:1.

Il numero di asteroidi in funzione della distanza dal Sole. Sono evidenti le interruzioni corrispondenti alle risonanze orbitali con Giove. Credits: WikiMedia CC

Lo stesso tipo di fenomeno avviene anche all’interno dei singoli sistemi dei pianeti e dei loro satelliti. Tra gli anelli di Saturno c’è ad esempio la divisione di Cassini che è dovuta alla risonanza 2:1 con la luna Mimas. Quindi anche in quel caso, è stata la gravità del satellite ad aver ripulito quella regione del sistema di anelli. Allo stesso modo, le interruzioni di Encke e di Keeler sono in risonanza 1:1 con i due satelliti Pan e Daphnis.

L’effetto Yarkovsky

L’effetto Yarkovsky, che prende il nome dall’astronomo russo che lo scoprì alla fine dell’ottocento, Ivan Yarkovskij, è la forza netta agente su un oggetto rotante nello spazio dovuta all’emissione anisotropa di fotoni termici. Ok, andiamo con calma.

Gli asteroidi accumulano calore proveniente dalla luce solare, dopodiché riemettono l’energia accumulata sotto forma di radiazione termica, ossia sotto forma di fotoni. Siccome ad ogni azione corrisponde una reazione uguale e contraria (Terza Legge di Newton), ciò significa che l’asteroide (o l’oggetto in questione) riceve una microscopica spinta nella direzione opposta all’emissione del fotone, che possiamo immaginare come il rinculo di un fucile dopo uno sparo.

L’emissione termica non è uguale in tutte le direzioni (è, appunto, anisotropa), ma dipende da quanto la superficie nelle varie regioni si è scaldata e da come avviene il raffreddamento. Il risultato netto è quello di avere una spinta in una direzione, una sorta di motore a fotoni termici.

L’effetto Yarkovsky ha una componente diurna e una stagionale dovute alle differenze di temperatura legate al moto di rotazione o di rivoluzione. La componente diurna causa una variazione della grandezza dell’orbita, positiva o negativa a seconda della direzione di rotazione del corpo. Quella stagionale si ha solo nel caso in cui l’asse di rotazione sia inclinato, perché solo in quel caso esistono delle stagioni e quindi una differenza di temperatura tra inverno ed estate. La componente stagionale causa sempre la riduzione della grandezza dell’orbita.

Senza l’effetto Yarkovsky non si potrebbe spiegare la posizione di molti degli asteroidi che troviamo nei pressi dell’orbita terrestre (NEA), e neppure il ritrovamento di meteoriti che risultano aver trascorso milioni di anni esposte ai raggi cosmici. Gli asteroidi possono infatti viaggiare rapidamente nel Sistema Solare se si trovano in un punto di risonanza orbitale con qualche altro oggetto. Se non ci fosse l’effetto Yarkovsky, gli asteroidi da cui le meteoriti trovate sulla Terra hanno avuto origine sarebbero potuti arrivare sulla Terra dalla Fascia Principale di Asteroidi (la regione ricca di asteroidi tra Marte e Giove) solo se si fossero originati molto vicino alla regione di risonanza orbitale con Giove. In questo modo il viaggio sarebbe stato breve e avrebbero avuto poco tempo per essere bombardati dai raggi cosmici. Diversa storia se si fossero originati lontano dalla risonanza orbitale e vi fossero stati spinti lentamente a causa dell’effeto Yarkovsky. Questo spiegherebbe le centinaia di milioni di anni passati nello spazio di molte meteoriti.

Il meccanismo di Kozai

La prima descrizione del fenomeno risale al sovietico Mikhail Lidov, che lo utilizzò per descrivere l’orbita dei satelliti naturali ed artificiali. Successivamente, Yoshihide Kozai ha pubblicato risultati simili, ragion per cui l’effetto è passato alla storia come meccanismo di Lidov-Kozai, o spesso solo come meccanismo di Kozai.

In moltissimi casi astrofisici abbiamo un sistema di due corpi (di cui uno di massa molto piccola rispetto all’altro) perturbato da un terzo corpo distante. Un esempio tipico di tale situazione è quello dei sistemi Terra, satellite e Luna, in cui la Luna funge da perturbatore esterno al sistema binario Terra-satellite.

Il concetto di perturbazione è qui cruciale, perché indica che il sistema Terra-satellite si possa a tutti gli effetti considerare un sistema di due corpi in cui sia inserita una piccola variazione periodica, una perturbazione per l’appunto, dovuta alla presenza della Luna, che modifica leggermente l’orbita del satellite. Su lunghe scale di tempo, queste perturbazioni cicliche (librazioni) del pericentro generano una variazione di eccentricità e inclinazione, pur senza modificare l’ampiezza massima dell’orbita.

Esiste infatti una quantità (il momento angolare verticale) che lega eccentricità e inclinazione, e che in quest’ambito resta costante. Se varia una di queste due quantità deve di conseguenza variare anche l’altra, per fare in modo che questo valore resti costante. L’orbita del satellite può quindi diventare più eccentrica (più schiacciata) solo se diventa più inclinata, e viceversa.

Il meccanismo di Kozai porta a variare eccentricità e inclinazione dell orbita di un oggetto orbitante a causa delle perturbazioni di un terzo oggetto più lontano. Credits: CERN

Questo processo spiega almeno in parte le orbite “strane” di molti corpi del Sistema Solare, come quella di Plutone (perturbato da Nettuno), che è molto inclinata rispetto agli altri pianeti, o di alcuni satelliti dei giganti gassosi. Questo è anche uno dei meccanismi con cui si ritiene che le comete possano arrivare nei pressi del Sole e quindi sublimare, pur partendo inizialmente da un’orbita circolare, come ci si aspetta dalla formazione del Sistema Solare. In questo caso il sistema binario è quello Sole-cometa e Giove detiene il ruolo del perturbatore.

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