Saremo colpiti da un asteroide nel 2023?
A gennaio è cresciuta la preoccupazione per un asteroide di 70 metri di diametro che ha minacciato di colpirci nel 2023. Ora sappiamo che il rischio non c’è: ma come è avvenuto un cambiamento del genere?
Questa storia è iniziata a gennaio di questo 2022, ma per certi versi è simile a storie che si ripetono spesso nel mondo dell’osservazione di asteroidi. Tramite la Catalina Sky Survey, un progetto di osservazione e monitoraggio degli asteroidi finanziato dalla Nasa, è stato scoperto l’asteroide 2022 AE1. Circa 70 metri di diametro e una traiettoria almeno potenzialmente pericolosa. I ricercatori hanno inizialmente calcolato che il 4 luglio 2023 avrebbe avuto una possibilità non nulla di impattare sulla Terra, ossia che per quanto piccola c’era una possibilità di impatto. Perché non bastavano guerre e pandemie. L’allarme è rientrato, in quanto ulteriori misure hanno mostrato come in realtà la traiettoria dell’asteroide passerà ben lontana dalla Terra, lasciandoci al sicuro da eventuali impatti.
La scoperta degli asteroidi
Quando osserviamo un asteroide, la prima cosa che facciamo è cercare di capire se si tratta di un oggetto nuovo oppure già noto. Esiste il Minor Planet Center dell’Unione Astronomica Internazionale e finanziato dalla Nasa che si occupa proprio di tenere traccia di tutti gli asteroidi conosciuti. Se l’asteroide scoperto è nuovo, viene inserito nell’archivio, se invece era già noto, le nuove osservazioni vengono usate per raffinare quelle precedenti.
Una volta appurato che si tratti di un oggetto nuovo, come nel caso di 2022 AE1, si procede a calcolarne alcuni parametri che ne descrivano l’orbita e le dimensioni. Osservandolo mentre si muove i ricercatori calcolano i cosiddetti parametri orbitali, che sono 6 parametri che descrivono completamente la sua orbita, e la sua luminosità. La luminosità di un oggetto dipende da quanto la sua superficie è riflettente e da quale sia la sua forma. Ma facendo alcune assunzioni e approssimazioni, si può fare una stima della dimensione dell’asteroide a partire da quanto è luminoso.
Se un oggetto è abbastanza luminoso (magnitudine 22 o meno) e se passa abbastanza vicino all’orbita terrestre (meno di 0,05 unità astronomiche), allora viene identificato come oggetto potenzialmente pericoloso (PHA, Potentially Hazardous Asteroid). Se l’oggetto rientra in questa categoria, ne viene calcolato il rischio d’impatto nei successivi 100 anni. Se questo rischio esiste, ossia la possibilità che impatti sulla Terra non è nulla (o quasi, minore dello 0,00000001%), allora si richiede di osservare l’oggetto da parte di numerosi osservatori in giro per il mondo, così da poter rendere più precise le misure e quantificare meglio il rischio.
La Scala di Palermo e la Scala di Torino
Una volta quantificato il rischio d’impatto, i ricercatori inseriscono l’asteroide nella cosiddetta scala di Torino, chiamata così perché l’IAU decise di adottarla durante un congresso che si tenne proprio nel capoluogo piemontese. Generalmente la scala che viene usata è in realtà quella di Palermo, più complessa e tecnica, e quella di Torino è la sua versione semplificata che ha lo scopo soprattutto di comunicare il rischio associato agli asteroidi per il pubblico e per la politica. Il pericolo è quantificato da 0 a 10, valutando la probabilità di collisione nei prossimi 100 anni e l’energia cinetica dell’impatto. Quest’ultima dipende dalla massa e dalla velocità relativa tra l’oggetto e la Terra. La scala di Torino sfrutta poi un codice di colori per rendere chiaro di che tipo di impatto stiamo parlando. Il bianco indica gli eventi senza conseguenze, o perché la probabilità di impatto è bassissima o perché l’asteroide è troppo piccolo per fare danni, il verde quelli degni di ulteriore monitoraggio, il giallo quelli che meritano preoccupazione, l’arancione sono quelli decisamente preoccupanti e il 10 sono quelli certi. A seconda poi della quantità di energia cinetica, gli impatti variano tra nessuna conseguenza, conseguenze di importanza locale, regionale, o globale.
Cosa avrebbe potuto causare 2022 AE1?
La scoperta di 2022 AE1 è avvenuta il 7 gennaio scorso. I software che analizzano i dati degli asteroidi lo hanno inserito subito nel grado 1 della scala di Torino e 2022 AE1 è quindi entrato subito nella lista degli oggetti a pericolo d’impatto stilata dal centro di controllo dei corpi minori dell’Esa. Per un po’ è stato l’unico oggetto di grado 1 nella lista, dove tutti gli oggetti sono di grado 0, ossia non conosciamo asteroidi a serio rischio di impatto nei prossimi 100 anni. La possibilità di impatto di 2022 AE1 era comunque stata valutata come molto piccola: appena 0,06% di impattare la Terra. Il grado 1 come abbiamo detto non è tra i più pericolosi, anche perché si trattava di un oggetto di soli 70 metri di diametro. Ma 70 metri sono comunque tre volte l’asteroide di Chelyabinsk e un quasi due volte quello di Tunguska, quindi su una grande città avrebbe potuto fare grandi danni, per quanto localizzati. Per di più saremmo stati a poco più di un anno dall’impatto, previsto per il 4 luglio 2023, troppo poco per sperare di mitigarlo in maniera efficace.
Per i primi giorni dopo la scoperta non è stato possibile continuare regolarmente le osservazioni, per una delle ragioni più antiche del mondo: la Luna, prossima al plenilunio, illuminava troppo il cielo impedendo di osservare a dovere il piccolo oggetto dalla debole luminosità. Appena la Luna si è fatta da parte, sono riprese le osservazioni, e raffinando la nostra conoscenza di 2022 AE1 il grado di pericolosità dell’impatto è ricaduto a 0 nella scala di Torino.
Una questione di incertezza
In fisica, ma nella scienza in generale, esiste sempre un’incertezza. Ogni valore numerico è sempre e comunque accompagnato da un’incertezza dovuta a varie cose, tra cui i metodi e gli strumenti con cui si misura, le approssimazioni fatte, la matematica che si usa per modellare il mondo che però non è un’astrazione matematica, la mancanza di informazioni su alcune variabili, e così via. E chiaramente le orbite asteroidali non fanno eccezione. Più si aumentano il numero e la durata delle osservazioni di un asteroide, più diminuisce l’incertezza sulla sua orbita e sui parametri che lo descrivono. Per questo, tipicamente quello che succede è che appena scoperto ci sono delle incertezze molto grandi sulla sua orbita. E se le incertezze sono molto grandi è più facile che l’orbita possa risultare potenzialmente pericolosa. In genere però, mano mano che continuano le osservazioni, questa incertezza si riduce e la probabilità di impatto diminuisce o si annulla. Per ora non abbiamo mai scoperto nessun asteroide che sia oltre il valore 0 nella scala di Torino e che vi sia rimasto anche proseguendo le osservazioni.
Pericolo scampato, ma per quanto?
Alcuni degli asteroidi lì fuori certamente ci colpiranno. Per fortuna la stragrande maggioranza di questi saranno piccolissimi, probabilmente passeranno del tutto inosservati. Alcuni faranno danni locali, come nei casi di Chelyabinsk e di Tunguska. Altri ancora potrebbero essere enormi e causare danni su scala globale. Quindi la morale è sempre la stessa: monitorare senza sosta, sperando nelle statistiche ma al tempo stesso preparando le giuste strategie di mitigazione per ogni occasione.