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La Grande Macchia Rossa di Giove sta scomparendo?

Su giove c’è una tempesta immensa, la grande macchia rossa, qualcosa di cui siamo a conoscenza da quasi due secoli ormai. È enorme, più del diametro terrestre, e soffia senza tregua a 400 km/h. Tuttavia c’è chi dice che stia arrivano alla sua fine e che potrebbe esaurirsi nei prossimi decenni, ma sarà davvero così?

All’inizio del ‘600, per la prima volta nella storia Galileo Galilei alzò un telescopio verso il re dei pianeti del sistema solare: Giove. Galilei scoprì moltissimi dettagli del suo sistema, primo fra tutti l’esistenza delle quattro lune che, non a caso, vengono dette galileiane. Il telescopio di Galileo però non era di grandi dimensioni né di raffinata qualità e non aveva la capacità di mostrare i dettagli della superficie del pianeta.

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Nel 1665 e negli anni successivi, Gian Domenico Cassini portò le prime annotazioni di una “macchia permanente” nell’atmosfera gioviana. Cassini la osservò fino al 1712, anno della sua morte. Tuttavia, non siamo certi del fatto che quella macchia osservata da Cassini fosse proprio quella che oggi chiamiamo Grande Macchia Rossa. Quella di Cassini poteva essere un’altra macchia formatasi in precedenza e poi scomparsa.

Dalla morte di Cassini infatti, abbiamo perso la continuità delle osservazioni per oltre un secolo. La prima annotazione chiara della Grande Macchia Rossa comparve nel 1831, in un disegno dell’astronomo amatoriale tedesco Samuel Heinrich Schwabe. Ma fu poi solo a partire dal 1878, anno in cui fu descritta dall’astronomo americano Carr Walter Pritchett, che iniziammo a tenere traccia in maniera sistematica delle sue variazioni in dimensione, posizione, e velocità.

La Grande Macchia Rossa nell’era spaziale

Come per tutti i dettagli che riguardano i pianeti, il vero salto di conoscenza lo abbiamo fatto però in epoca spaziale. Nel 1974 le sonde Pioneer sorvolarono Giove, senza però rivelare molti dettagli della sua superficie: le Pioneer erano soprattutto delle sonde dimostrative, che servivano per mostrare che eravamo in grado di andare nello spazio profondo, ma non furono particolarmente rivoluzionarie dal punto di vista dei risultati scientifici. Pochi anni dopo, nel 1979, fu però il turno delle due sonde Voyager, che durante il sorvolo del pianeta permisero di eseguire un primo studio ravvicinato della Grande Macchia Rossa. A cavallo tra i due millenni arrivò poi la sonda Galileo, la prima interamente dedicata allo studio di Giove e dei suoi satelliti. Nel frattempo era entrato in funzione anche il telescopio spaziale Hubble che ha osservato e continua a osservare Giove. Ci fu poi anche il passaggio della sonda Cassini, che sorvolò il pianeta prima di dirigersi verso Saturno. In anni più recenti nel sistema di Giove è infine arrivata anche la sonda Juno, che sta svelando dettagli su dettagli di questo mondo così affascinanti e misterioso.

Insomma, di dati su Giove ne abbiamo ormai moltissimi, ed è molto quello che abbiamo capito della Grande Macchia Rossa, la tempesta più intrigante del Sistema Solare.

Che cos’è la Grande Macchia Rossa?

Come su Saturno, anche su Giove ci sono delle bande a colori alternati, legate alla presenza alternata di correnti a getto che vanno da ovest verso est e da est verso ovest. All’interno di queste correnti ci sono spesso delle tempeste, macchie scure o ovali bianchi. Per la maggior parte di questi, se li guardiamo da un punto di vista meteorologico, si tratta di anticicloni, ossia punti in cui la pressione è più alta attorno ai quali ruotano dei venti molto intensi. Gli anticicloni per definizione ruotano in senso orario nell’emisfero nord e in senso antiorario in quello sud.

Credits: Nasa/Galileo

Anche la Grande Macchia Rossa è un anticiclone ovale, anzi è il più grande dell’intero pianeta. Ruota molto velocemente: tanto che nel punto più esterno della macchia il vento soffia a 400 chilometri orari, facendo un giro completo in circa 6-7 giorni terrestri, anche se c’è da dire che la sua velocità cambia nel corso del tempo. Non sappiamo moltissimo della sua struttura interna. Le nubi della Grande Macchia Rossa sono sollevate circa 8 chilometri più in alto delle nubi circostanti, e arrivano probabilmente fino a circa 250-300 chilometri di profondità o anche più. L’atmosfera soprastante è ben più calda del resto del pianeta, qualcosa che si pensa potrebbe essere legata alla turbolenza innescata dalla tempesta che si trova al di sotto, che genera onde acustiche e onde di gravità che si propagano nell’atmosfera.

La Macchia è confinata da un vento molto intenso che soffia verso ovest a nord e da un vento più debole che soffia verso est a sud, ma ciò nonostante resta abbastanza stabile in latitudine. Fin da quando abbiamo dati a riguardo, la Grande Macchia Rossa risulta infatti stabilmente a 22 gradi di latitudine sotto all’equatore, con variazioni di appena un grado.

Il Colore della Grande Macchia Rossa

La verità è che nonostante i molti dati a riguardo, non sappiamo ancora perché la macchia rossa sia… rossa. Un’ipotesi, testata anche in laboratorio, è che le responsabili siano le toline, composti organici formati per via fotochimica, ossia attraverso l’interazione tra la luce solare e i composti atmosferici, in particolare l’idrosolfuro di ammonio.

Un aspetto interessante è che il colore della Grande Macchia Rossa varia nel tempo. A volte è rosso mattone altre è più chiara. A volte sembra quasi scomparire e resta solo quella che viene chiamata cavità della macchia rossa, che è un po’ la cornice in cui si trova. Non si capisce benissimo a cosa sia dovuta la variazione di colore, anche perché avviene senza una cadenza regolare, ma sembra essere in qualche modo correlata alla variazione di velocità della tempesta (che però non sappiamo bene a cosa sia legata e quindi questa informazione non ci aiuta troppo).

La Grande Macchia Rossa sta rimpicciolendo?

A partire dalle osservazioni di Pritchett, abbiamo monitorato la Grande Macchia Rossa per almeno per 150 anni. Le vecchie osservazioni non sempre sono di buona qualità, soprattutto perché la Macchia cambia nel suo aspetto e nel suo colore nel corso del tempo. Quando non era molto visibile, la stima delle dimensioni spesso era della cavità della macchia e non della tempesta stessa. E siccome la cavità è più grande della tempesta, spesso le dimensioni riportate risultano sovrastimate. Anche nelle fotografie spesso la risoluzione non era abbastanza buona da stimare le dimensioni effettive.

La misura delle dimensioni e della posizione nel corso del tempo è molto dipendente dall’osservatore, dalle sue capacità di osservazione e dalla sua strumentazione, oltre che dal contrasto stesso tra il colore della macchia e del resto delle nubi. Che significa tutto ciò? Che non ci possiamo fidare troppo dei valori dei risultati più antichi.

Tuttavia abbiamo visto cambiarla in dimensioni anche nella sola epoca spaziale, e questo ci porta a formulare molti interrogativi, soprattutto su quanto questa tempesta continuerà a esistere. Nel 1979 le Voyager misurarono una dimensione 23mila chilometri per la Grande Macchia Rossa. Alla fine dell’800, nonostante la problematica dell’affidabilità dei dati di cui sopra, probabilmente era di circa 48mila chilometri. Oggi la sua dimensione è di circa 16mila chilometri. Quindi sembrerebbe naturale aspettarsi che continui a diventare sempre più piccola fino a sparire.

La Grande Macchia Rossa sparirà?

La preoccupazione per la sopravvivenza della Grande Macchia Rossa è cresciuta nel 2019, quando è stato osservato lo sfaldamento di parte della tempesta: ha perso dei frammenti che si sono poi dispersi tra le nubi. Probabilmente conseguenza dell’interazione con altri cicloni.

Credits: Nasa/Juno

In studio del 2021 condotto con i dati di Hubble alcuni ricercatori hanno approfondito la questione, identificando la Grande Macchia Rossa come un prototipo delle tempeste a “pancake”, ossia tempeste che sono sottili e molto larghe e che si possono trovare anche su altri giganti gassosi, come la macchia scura di nettuno per esempio. Scoprirono che dopo lo sfaldamento di un pezzo della tempesta, la parte più esterna si è velocizzata circa dell’8%. Quindi a questo punto ci aspettiamo che quando perde pezzi, i suoi venti vadano sempre più veloci. Perché? Non lo sappiamo, perché non possiamo vedere come varia la struttura interna della tempesta mentre avvengono queste variazioni superficiali.

In effetti la Grande Macchia Rossa si comporta in modo strano: per esempio in uno studio del 2018 alcuni ricercatori hanno identificato che la tempesta sta diventando più estesa in altezza, mentre si restringe in larghezza. La Macchia è qualcosa di unico nel sistema solare, non abbiamo altri esempi con cui confrontarla fino in fondo. Proprio per questo possiamo farci molte idee, costruire modelli sul suo passato e il suo futuro, ma l’ultima parola starà a lei. Potremo sapere se scomparirà solo se la vedremo scomparire. Il sistema di Giove è infatti tremendamente complesso, ed è difficile predire con relativa sicurezza cosa avverrà tra le sue nubi.

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