Storia della Scienza

La Biglia Blu: l’EarthDay dallo Spazio

Vista da quaggiù sembra immensa, immutabile, inscalfibile. Dallo spazio invece la prospettiva si ribalta. Una “biglia blu” come la chiamarono gli astronauti dell’ultima missione Apollo, la diciassettesima, una biglia fragile in cui gli equilibri si possono spezzare facilmente.

Era il 7 dicembre 1972, gli astronauti dell’Apollo XVII vennero lanciati verso la Luna. Poche ore dopo il lancio Cernan, Evans e Schmitt immortalarono la faccia della Terra completamente illuminata dal Sole. La Blue Marble resta una delle foto più riprodotte nella storia e una delle rarissime in cui vediamo tutto il disco terrestre illuminato.

La blue marble dell’Apollo XVII, forse la foto della Terra dallo spazio più famosa nella storia. Credits: Nasa

L’Apollo XVII fu anche l’ultima missione umana verso la Luna, e la Blue Marble è quindi anche una foto ricordo di quell’insieme di eventi che portarono l’uomo al di fuori del nostro pianeta, che spinsero l’esplorazione oltre ogni limite umano e planetario.

Il Pale Blue Dot dalla sonda Voyager 1. Credits: Nasa

Diciotto anni dopo, nel 1990, la sonda Voyager 1 si allontanava più di qualunque altra dalla Terra. Da un punto a sei miliardi di chilometri dalla Terra, la sua camera si voltò a ripetere quello che avevano fatto gli astronauti dell’Apollo XVII: dare un ultimo sguardo a casa. Si tratta della celeberrima Pale blue dot, il pallido punto blu, che Carl Sagan tanto bene ha descritto nelle sue ancor più celebri parole:

«Da questo distante punto di osservazione, la Terra può non sembrare di particolare interesse. Ma per noi, è diverso. Guardate ancora quel puntino. È qui. È casa. È noi. Su di esso, tutti coloro che amate, tutti coloro che conoscete, tutti coloro di cui avete mai sentito parlare, ogni essere umano che sia mai esistito, hanno vissuto la propria vita. L’insieme delle nostre gioie e dolori, migliaia di religioni, ideologie e dottrine economiche, così sicure di sé, ogni cacciatore e raccoglitore, ogni eroe e codardo, ogni creatore e distruttore di civiltà, ogni re e plebeo, ogni giovane coppia innamorata, ogni madre e padre, figlio speranzoso, inventore ed esploratore, ogni predicatore di moralità, ogni politico corrotto, ogni “superstar”, ogni “comandante supremo”, ogni santo e peccatore nella storia della nostra specie è vissuto lì, su un minuscolo granello di polvere sospeso in un raggio di sole. La Terra è un piccolissimo palco in una vasta arena cosmica.

Pensate ai fiumi di sangue versati da tutti quei generali e imperatori affinché, nella gloria e nel trionfo, potessero diventare per un momento padroni di una frazione di un puntino. Pensate alle crudeltà senza fine inflitte dagli abitanti di un angolo di questo pixel agli abitanti scarsamente distinguibili di qualche altro angolo, quanto frequenti le incomprensioni, quanto smaniosi di uccidersi a vicenda, quanto fervente il loro odio. Le nostre ostentazioni, la nostra immaginaria autostima, l’illusione che noi abbiamo una qualche posizione privilegiata nell’Universo, sono messe in discussione da questo punto di luce pallida. Il nostro pianeta è un granellino solitario nel grande, avvolgente buio cosmico. Nella nostra oscurità, in tutta questa vastità, non c’è alcuna indicazione che possa giungere aiuto da qualche altra parte per salvarci da noi stessi.

La Terra è l’unico mondo conosciuto che possa ospitare la vita. Non c’è altro posto, per lo meno nel futuro prossimo, dove la nostra specie possa migrare. Visitare, sì. Colonizzare, non ancora.

Che ci piaccia o meno, per il momento la Terra è dove ci giochiamo le nostre carte. È stato detto che l’astronomia è un’esperienza di umiltà e che forma il carattere. Non c’è forse migliore dimostrazione della follia delle vanità umane che questa distante immagine del nostro minuscolo mondo. Per me, sottolinea la nostra responsabilità di occuparci più gentilmente l’uno dell’altro, e di preservare e proteggere il pallido punto blu, l’unica casa che abbiamo mai conosciuto.»

Pale Blue Dot di Cassini, 2013. Credits: Esa/Nasa

Anche se l’assenza di parole che abbiano la stessa energia si fa sentire, nel 2013 la sonda Cassini ha ripetuto l’esperienza della Voyager, immortalando il pallido punto blu dalle vicinanze di Saturno.

Espandere i nostri limiti, valicare i confini planetari che la nostra natura ci aveva imposto ha significato prima di tutto riconsiderare la nostra posizione nell’universo. Riconsiderare quanto ciò che si trova su questo pianeta sia prezioso e unico, quanto sia delicato e quanto le nostre azioni possano incidere sul suo presente e sul suo futuro.

Forse nell’esplorazione di domani dovremo riconsiderare ancora queste affermazioni, ma oggi, a quarantotto anni dalla Blue Marble, sul pianeta Terra si festeggia la cinquantesima Giornata della Terra per ricordarcene il significato.

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