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Luna 25: cosa rende così difficile allunare?

Luna 25 si è schiantata sul suolo lunare. cosa rende così difficile allunare e com’è possibile che con 60 anni di sviluppo tecnologico non sia diventato facile?

Ultimi Fallimenti

Non è la prima sonda spaziale a schiantarsi sul suolo della Luna negli ultimi mesi. Nella lista precedono i lander commerciali Hakuto-R e Beresheet schiantati rispettivamente il 25 Aprile 2023, ed il 11 Ap 2019.

Mentre dal lato delle agenzie spaziali nazionali, la sonda dell’ISRO Chandrayaan-2, il cui lander Vikram si schiantò sulla superficie lunare lo scorso 6 Settembre 2019.

A questo bisogna aggiungere una lista di tentativi minori, come ad esempio OMOTENASHI, un nanosatellite 6U sviluppato dalla JAXA con lo scopo di dimostrare il funzionamento di una tecnologia per effettuare hard-landing a basso costo. Essenzialmente si tratta di frenare la sonda a circa 100 metri dal suolo usando dei retrorazzi a propellente solido e poi farla cadere. Grazie alla bassa gravità lunare, cadendo da quella quota toccherebbe il suolo a circa 20-30 m/s, e quindi basterebbe un airbag da espandere poco prima dell’impatto per attutire l’urto. In pratica un sistema basato solo su una logica di “accendi e spegni”, per semplificare il più possibile la necessità di un algoritmo stabile che riesca a controllarne la velocità di discesa (quello che invece si cerca comunemente di fare con i soft-landing). Neanche OMOTENASHI ce l’ha fatta, trasportato come carico secondario nell’interstadio della navicella Orion nella scorsa missione Artemis 1, l’11 Dicembre 2022.

Quoziente di Intelligenza Artificiale

Per rispondere alla domanda, intanto bisogna rendersi conto di un fattore abbastanza semplice: i mezzi automatici non sono intelligenti. Semplificando al massimo, seguono una rotta preimpostata, ed a seconda di quanto sono sofisticati e del tipo di ambiente in cui si trovano a volare, sono in grado di correggere la loro traiettoria.

Fra Luna e Marte ci sono differenze

La questione ambientale è invece un po’ meno sottile. La Luna non è dotata di atmosfera, quindi una qualsiasi sonda che si trova in orbita bassa lunare (100 km), deve passare da una velocità di circa 1627 m/s a meno di 10 m/s poco prima di toccare il suolo. Quindi buona parte della riuscita della missione è dovuta alla precisione con cui viene effettuata la manovra, dato che la riserva di propellente è limitata, quindi non si ha troppo margine per le correzioni.

Mentre Marte presenta un’atmosfera abbastanza spessa per permettere di frenare la caduta, smaltendo gran parte della velocità proprio come si fa sulla Terra, e persino di usare dei paracadute che oltre a frenare aiutano anche a stabilizzare la discesa, che viene ultimata solo nell’ultima parte con retrorazzi (soft landing) o airbags (hard landing). Questo permette ad esempio di scendere più dolcemente verso la superficie, dando tempo al sistema di bordo di riconoscere la “qualità” del sito per l’atterraggio ed in caso scegliere di spostarsi verso una zona (limitrofa), migliore, qualora il sistema lo permetta, ed in ogni caso, una più efficace velocità di risposta ad eventuali perturbazioni della traiettoria.

Ci sono Missioni e Missioni

Inoltre bisogna considerare che il successo ed il fallimento delle missioni pesano in modo diverso. Infatti non possiamo comparare l’ammartaggio di Perceverance, frutto di decenni di successi di missioni marziane da parte della NASA, con l’allunaggio di un dimostratore tecnologico sviluppato da un’agenzia spaziale privata sorta l’altroieri, al suo primo tentativo (come nel caso dei dimostratori tecnologici citati all’inizio; e che comunque, anche il solo partire da zero ed arrivare a tentare un’impresa del genere, è un grande traguardo). Questo perché il know-how acquisito, rimane sempre in casa; altrimenti noi europei non avremmo avuto bisogno di lanciare il dimostratore tecnologico Schiaparelli su Marte.
E soprattutto, ciò ci permette di comprendere come sia essenzialmente sbagliato associare a questi insuccessi un’incapacità collettiva al punto da credere che sia necessario dover riscoprire come si fa. Ogni caso è a sé.

Bisogna riscoprire come si fa?

Quindi appurato che il problema non è certamente riscoprire come si fa, non è neanche possibile fare un confronto con le missioni Apollo. Infatti loro caso i LEM avevano comunque delle persone a bordo che potevano accedere ai comandi in qualsiasi momento e guidarli. Fin dall’inizio, con l’Apollo 11, hanno fatto la differenza nella riuscita della missione. Ricordiamo infatti che il computer di bordo dell’Eagle considerava, durante la discesa, una velocità erronea, cosa che portò Armstrong a prendere il controllo del mezzo ed allunare in manuale.

Le avversità dell’ambiente spaziale

Ci sono moltissimi sottosistemi che possono essere soggetti ad avarie, dal punto di vista software a quello hardware e meccanico, che si trovano ad operare in un ambiente completamente ostile (radiazioni ionizzanti), a cui la tecnologia moderna è molto più sensibile rispetto a quella degli albori; ma anche condizioni di differenze di temperature estreme, causate dalla presenza del vuoto. Questo ci deve ricordare di come andare nello spazio non sia una cosa facile.

Nel caso di Luna 25, il problema è stato in un’accensione troppo lunga del retropropulsore, che da 84 secondi, ne è rimasto acceso 127. Come dichiarato dal capo dell’agenzia spaziale russa, Borisov. Ora bisogna capire la causa di quest’accensione anomala.

Questione di Know-How

Ogni ente spaziale, pubblico o privato, sta ricostruendo (o costruendo da zero), il suo know-how, perché ricordiamolo, il know-how non è solamente l’insieme delle conoscenze teorico-pratiche necessarie a fare qualcosa (e questo lo possiamo imparare potenzialmente tutti), ma anche l’esperienza acquisita. Certamente gli ingegneri che hanno lavorato su Luna 24 più di 47 anni fa sono andati oramai in pensione, e se per decenni alla Roscosmos non s’è più lavorato su un progetto del genere, per l’agenzia è quasi come ricominciare da zero le missioni verso la Luna, anche se è stata proprio una delle sonde del programma Luna, la Luna-10, la prima ad orbitare il nostro satelliti naturale, nel lontano 1966.

Non molto diverso dalla recente “sfida” fra Boeing e SpaceX nello scopo di costruire una navicella in grado di trasportare astronauti verso la ISS. Sebbene la Boeing abbia all’attivo decenni di attività in campo spaziale, a causa del ricambio generazionale a cui è stata soggetta, alla fine SpaceX è riuscita a realizzare un prodotto per il momento più sofisticato, funzionale e sicuro della Starliner, il cui lancio è stato rimandato a seguito della scoperta di ulteriori problemi.

L’ultima missione ad allunare con successo è stata la cinese Chang-e’ 5, il 23 Novembre 2020, che grazie ad un sistema automatizzato di orbiter e lander suddiviso in modulo di discesa e modulo di risalita, ha permesso perfino di riportare dei campioni di regolite lunare sulla Terra.

Adesso è il turno di Chandrayaan-3 e del suo lander Vikram, che partita quasi contemporaneamente a Luna 25 dovrà dimostrare che anche l’ISRO è in grado di allunare dopo il tentativo fallito della Chandrayaan-2.

Credits: cosmos.ru

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