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Dall’Etere Luminifero allo Spazio-Tempo

Ripercorriamo l’evoluzione del paradigma di pensiero sull’etere luminifero fino alla rivoluzione dei primi risultati di Einstein del 1905

Premessa

Perché approfondire le cause che resero necessario passare dall’etere allo spazio-tempo quando sappiamo che l’etere luminifero non esiste?
Perché indagare la storia della scienza permette sempre di acquisire un quadro d’insieme che difficilmente si riesce ad ottenere dalle poche informazioni storiche che è possibile acquisire durante lo studio delle materie dei corsi scientifici. Consente di ripercorrere l’evoluzione del pensiero che ha permesso di giungere ai risultati noti e soprattutto che ha permesso di scartare tutto ciò che è stato falsificato. Permette di coglierne anche le sfumature, cioè apprezzare il fatto che non è stata quasi mai un’evoluzione lineare.

Ci fa acquisire anche più consapevolezza di come la scienza sia un’attività umana e non una macchinosa elaborazione di dati, e che il ragionamento, il confronto di diversi punti di vista sono aspetti alla base per la formulazione dei modelli fisici. Tutti motivi per cui nella ricerca si lavora in team, si discute durante le conferenze e soprattutto c’è revisione fra pari, perché l’errore umano è sempre dietro l’angolo. Si percorrono strade diverse ma parallele, e non si scartano neanche le ipotesi più remote fino a prova contraria. Cioè fino a che sia la natura a decidere cosa la descriva attraverso l’esperimento.

Quindi immergiamoci insieme in questo viaggio nella storia nella fisica!

Una terrificante azione a distanza

L’Etere Luminifero è un concetto che ci siamo portati dietro per secoli come eredità della Fisica Aristotelica.
Senza entrare qui nei dettagli, abbiamo parlato di come fosse intimamente legato al concetto di spazio e come questo intreccio sia evoluto nella storia, in un precedente articolo che vi rimandiamo come approfondimento.

Infatti, per la concezione fisica dell’epoca era scontato che l’Etere esistesse. Durante i primi secoli della fisica moderna, gli scienziati si sono ritrovati sostanzialmente di fronte un grande dilemma. Da una parte la vita quotidiana ci mostra che quando corpi simili interagiscono fra di loro meccanicamente, scambiano forze di contatto. Dall’altra parte ci mostra l’esistenza di forze a distanza, come quelle gravitazionali, elettriche e magnetiche, che sono sempre state un po’ terrificanti, parafrasando Einstein. Infatti, in vista di una più completa descrizione della natura, gli scienziati si sono chiesti se in natura esistessero esclusivamente forze di contatto, e di conseguenza, se queste azioni a distanza fossero in realtà mediate da un qualche tipo di ente materiale. L’etere quindi era posto come soluzione a questo dilemma.

Il problema della misura dei venti d’etere

Come l’Etere fosse concepito e quali proprietà dovesse avere erano dei problemi che la fisica si è trovata ad affrontare nel XIX secolo.
L’elettromagnetismo classico prevedeva che dovesse esistere un Etere Luminifero: un fluido che colmando le distanze siderali permetteva la propagazione della luce e dei campi elettromagnetici nel vuoto. In quanto fluido doveva essere dotato di proprietà meccaniche, quindi essere in grado di scambiare forze e quantità di moto con altri corpi, soprattutto con i pianeti e quindi anche la Terra, ed infatti fu anche proposto anche come mediatore della gravità. All’epoca si conoscevano i moti di rotazione della Terra sul proprio asse e di rivoluzione intorno al Sole. Quindi era presumibile che la Terra perturbasse l’Etere e dovesse essere soggetta a dei venti d’etere, un po’ come una nave in moto perturba la superficie del mare.

Un po’ tutti, da Cartesio, Newton e Bernoulli nel ‘600 a Poincarè, Lamor, Lorentz nell’800, hanno provato a descriverlo.

Etere di Cartesio
Cartesio provò a dare un’interpretazione meccanica alla gravità descrivendola come vortici di etere generati dai corpi in rotazione. Modello ripreso anche successivamente da Huygens e Lord Kelvin. Fonte: Wikipedia

Due diverse ipotesi al comportamento dell’Etere

Il come sarebbe avvenuta quest’interazione fra la materia ordinaria e l’etere era oggetto di dibattito che ricade nel problema sulle Ipotesi di Trascinamento dell’Etere.
Erano previste due possibilità: la prima che l’etere fosse trascinato parzialmente dal moto della materia ordinaria, la seconda che ne venisse completamente trascinato.

Vediamo le differenze: ad esempio il modello proposto da Fresnel (1818) era del primo tipo e prevedeva che l’etere fosse trascinato parzialmente dal moto della Terra e che in parte fosse assorbito dalla materia circostante. Quello di Stokes (1845) invece era un modello di etere completamente trascinato, secondo cui l’etere assumeva la stessa velocità della superficie di un corpo in movimento rispetto ad esso, mentre restava in quiete a lunghe distanze. In questo modo l’etere veniva visto come sorta di fluido incomprimibile, paragonabile ad un modello di fluido ideale non viscoso che lambisce la superficie di un oggetto, cioè qualcosa di simile al concetto moderno di superfluido.

Nel primo caso l’etere non avrebbe raggiunto la stessa velocità del corpo vicino la sua superficie. Quindi un osservatore sulla superficie della Terra sarebbe stato in grado di misurare una velocità relativa dell’etere. Un vento d’etere, rilevabile come perturbazione nel moto della luce. Mentre nel secondo avrebbe visto l’etere apparentemente fermo poiché in moto alla stessa velocità della superficie. Quindi l’osservatore non avrebbe misurato alcun vento d’etere perché non avrebbe rilevato alcuna alterazione nel moto della luce,

Venti d'Etere
Esempio dei due modelli applicato al moto di rotazione della Terra, che induce un moto vorticoso nell’etere. La velocità dell’etere [vetere] decresce con l’aumentare della distanza dal centro della Terra [r], fino ad annullarsi a distanza infinita. La differenza si nota alla distanza pari al raggio terrestre [rt]. Il vento d’etere è la differenza fra la velocità di rotazione di un punto P sulla superficie terrestre e la velocità dell’etere in prossimità nello stesso punto [vetere(rt)].

Misurare le proprietà ondulatore della luce: la nascita degli interferometri

Nonostante pochi anni prima Maxwell unificò elettromagnetismo ed ottica si sapeva ancora poco della natura della luce. Talvolta la luce rivelava proprietà di corpuscolo, altre volte quelle di un’onda. Per studiare soprattutto queste ultime, nacquero gli interferometri. Gli esperimenti condotti per misurare i venti d’etere furono eseguiti nella seconda metà dell’800, usando proprio i primi interferometri ad essere stati inventati. Dai risultati degli esperimenti si sarebbe compreso se aveva ragione una o l’altra ipotesi.

L’esperimento di Fizeau (1851)

L’Esperimento di Fizeau doveva misurare la velocità di trascinamento della luce in un mezzo mobile (un flusso d’acqua). In particolare l’obiettivo era misurare la figura d’interferenza generata fra due raggi di luce che attraversavano l’acqua in direzioni opposte. Secondo la relatività galileiana, all’epoca l’unica esistente, il raggio che si muoveva insieme all’acqua avrebbe dovuto muoversi ad una velocità assoluta maggiore della velocità della luce. Mentre quello con moto di verso opposto all’acqua, ad una velocità assoluta inferiore.

Esperimento di Fizeau
Schema semplificato dell’esperimento.
BS: Beam Splitter. Tipicamente un prisma usato prima per suddividere e poi ricombinare i raggi di luce
M: Mirror. Uno specchio usato per deviare i raggi di luce.
Fonte: Wikipedia

L’esperimento inizialmente diede un risultato positivo, osservando la formazione di una figura d’interferenza, ma la velocità di trascinamento della luce prevista era molto più piccola della velocità del fluido, come se solo parte della velocità del fluido fosse trasmessa alla luce (e quindi all’etere). Questo risultato fece pensare che l’ipotesi di etere parzialmente trascinato fosse quella corretta. Inoltre era in accordo anche al fenomeno dell’aberrazione stellare che avviene quando osserviamo stelle e pianeti con il telescopio.


L’esperimento di Michelson-Morley (1886)

L’esperimento di MichelsonMorley del 1886 venne proposto con un impostazione simile a quello di Fizeau ma decisamente migliorato. Diede, infatti, risultati positivi usando come mezzo mobile sia l’acqua che l’aria. Dunque, confermando l’esperimento di Fizeau, sembrava proprio che dovesse esistere un vento d’etere!
Spoiler: in realtà questi risultati che si fondano sull’osservazione delle figure d’interferenza sono spiegati benissimo dalla relatività speciale nell’Effetto Doppler Relativistico. Non sono indice della presenza di un etere luminifero perché voler ricondurre quanto osservato a proprietà della velocità della luce è logicamente errato per le conoscenze attuali.

L’esperimento di Michelson-Morley (1887)

Michelson e Morley, oramai decisi a dar caccia aperta al vento d’etere effettuarono un altro esperimento nel 1887. Prepararono un esperimento molto più accurato e sensibile, nella speranza di riuscirne a misurare l’intensità con maggior accuratezza. L’interferometro questa volta diede però un risultato negativo: nessuna misura di vento d’etere. Questo fatto contraddiceva i risultati degli esperimenti precedenti, e sembrava così dare ragione all’altra ipotesi in cui non erano previsti venti d’etere, cioè quella dell’etere completamente trascinato.
Questo risultato andava però in contraddizione con l’osservazione dell’aberrazione stellare. Inoltre faceva supporre che l’etere fosse in grado di adattarsi per poter trasmettere luce di frequenze diverse allo stesso modo.

esperimento di Michelson-Monrey
Setup dell’esperimento. L’interferometro era fatto galleggiare su un anello di mercurio. Fonte: Wikipedia

Questo non fu l’unico esperimento eseguito. Esperimenti simili si sono succeduti nel corso di tutta la metà dell’800 e soprattutto nella prima metà del ‘900, a Relatività Speciale e Generale già pubblicate. Altri sono continuati fino ai giorni d’oggi con strumentazione molto più avanzata, confermando nel 2015 l’assenza di venti d’etere fino a 10^-18 % di c. Torniamo al 1887.

L’Invarianza della Velocità della Luce

Osservare questi rìsultati contrastanti cominciò a creare delle crepe nell’ipotesi dell’esistenza stessa dell’Etere Luminifero, ma non ne segnarono la sua fine. Infatti fece comprendere che la relatività galileiana non era applicabile alla luce!

Nel 1889 Oliver Heaviside si rese conto a partire dalle Equazioni di Maxwell che la forma del campo elettrico emesso da una sorgente si deformava quando era in moto relativo rispetto all’etere luminifero.
Ad esempio il campo elettrico emesso da una carica sferica ha, a riposo, simmetria sferica. In moto relativo con l’etere il campo assumeva la forma ellissoidale.

invarianza della velocità della luce
Contrazione delle Lunghezze nell’ipotesi di etere.
A sinistra: campo elettrico di forma sferica fermo rispetto all’etere
A destra: campo elettrico in moto rispetto all’etere che assume forma ellissoidale, schiacciato nella direzione del moto.

Ciò portò FitzGerald a porre una congettura, cioè che i corpi si contraggono quando in moto relativo rispetto all’etere al fine di mantenere costante la velocità della luce. Nel 1892 anche Lorentz giunse alla stessa congettura, esponendola in maniera più dettagliata, che quindi prese il nome di ipotesi di contrazione di FitzGerald-Lorentz, ed oggi conosciamo tutti come Contrazione delle Lunghezze. L’idea alla base è che le forze intermolecolari, di natura elettromagnetiche, fossero soggette alla contrazione, senza però riuscire mai a dimostrarlo.

Lorentz e Lamor si resero conto nel 1899 che queste trasformazioni influenzavano anche il tempo, osservando una dilatazione temporale in relazione alla frequenza di oscillazione degli elettroni, considerandole però inizialmente un mero artificio matematico. Fù Henrì Poincaré, uno dei matematici e fisici più brillanti del XIX secolo, il primo a darne una reale interpretazione fisica, applicandola al problema della sincronizzazione degli orologi.

Piccola ma importante parentesi: verso la fine del XIX secolo si stava cominciando ad affrontare per la prima volta il problema della sincronizzazione degli orologi delle stazioni lungo le reti ferroviarie. Questo problema divenne ancor più evidente in vista delle prime reti di telecomunicazioni intercontinentali. Quindi alla base di questo problema c’era la volontà di risolvere dei problemi pratici che all’epoca erano una novità ed oggi diamo per scontati. C’è un motivo se Einstein era fissato con i treni! Chiusa parentesi.

L’Etere di Lorentz e la Cosmologia dell’Epoca.

L’Etere che rispetta l’invarianza della velocità della Luce…

Ritratto di Hendrik Antoon Lorentz. Fonte: LiberLiber

Grazie alle trasformate di Lorentz sembrò che l’ipotesi di trascinamento dell’etere fosse totalmente superata e che i risultati osservati nei vari esperimenti erano spiegabili attraverso l’ipotesi della contrazione delle lunghezze. Cioè che quando la materia si muove rispetto all’etere luminifero, si deforma al fine di mantenere costante la velocità della luce, e quindi non è proprio possibile misurare alcun vento d’etere.
Questo nuovo modello viene sviluppato da Lorentz, che lo propose inizialmente nel 1892 nella sua prima versione della Teoria dell’Etere, successivamente Teoria dell’Etere e degli Elettroni nella pubblicazione del 1904Quindi capite bene che quando generalmente si dice che con l’esperimento di Michelson-Morley del 1887 viene falsificata l’esistenza dell’etere, si commette una grande semplificazione ed un errore, perché la sua diretta conseguenza fu abbandonare l’idea che la relatività galileiana non era applicabile alla luce (ed in generale ai campi elettromagnetici), ma non portò alla fine dell’etere, che anzi, continuò ad evolvere adattandosi alle nuove scoperte fisiche.

etere di lorentz
Le Trasformate di Lorentz del 1892 applicate alla Teoria dell’Etere di Lorentz

… ma che si pone “al centro” dell’Universo.

Sebbene Lorentz avesse così risolto il problema della misura dei venti d’etere, ne rimaneva un altro altrettanto fondamentale quanto scomodo: il problema del sistema di riferimento. Infatti le trasformate di Lorentz avevano ereditato, se così si può dire, il concetto di velocità assoluta tipico delle trasformate galileiane. Cioè che è possibile riconoscere un punto, o meglio, un sistema di riferimento inerziale assolutamente fermo, rispetto cui tutto sarebbe in moto, e quindi rispetto cui misurare la velocità assoluta di altri sistemi di riferimento inerziali. Semplificando al massimo, ciò permetterebbe di riscontrare della asimmetrie nel descrivere i fenomeni elettromagnetici, a seconda di quale sistema di riferimento ci si trova.

Infatti l’etere di Lorentz è descritto come un fluido immobile che permetteva di descrivere IL sistema di riferimento inerziale assoluto, descrivendo una direzione privilegiata nel cosmo. Un sistema di riferimento in cui un osservatore sarebbe fermo e tutto il resto dell’Universo in movimento!

“Un sistema di riferimento per domarli, un sistema di riferimento per descriverli, un sistema di riferimento per ghermirli e nell’inerzia incatenarli!”
[semicit, nella lingua di Mordor]

La posizione del Sistema Solare nel Cosmo

Per comprendere perché sia un problema cosmologico così importante bisogna rendersi conto che all’epoca non è ben chiara “la posizione” del Sistema Solare nell’Universo, o meglio, si dava per certo di conoscerla! Noi oggi diamo per scontato che il Sistema Solare si trova in un ramo della Via Lattea, che è una galassia come le altre che osserviamo, perché l’abbiamo studiato o letto/sentito dai divulgatori. Ma, come tutte le scoperte, c’è stato un tempo in cui questi dettagli non si conoscevano, e sembrerà strano, sono scoperte relativamente molto recenti.

Nell’ottocento si aveva ancora una visione eliocentrica in cui il Sole non è solamente al centro del sistema solare, ma anche al centro dell’Universo. Nello stesso anno in cui Fizeau condusse il primo esperimento per la misura dei venti d’etere, Foucault confermò senza ombra di dubbio la rotazione della Terra grazie al suo celebre pendolo. Rotazione e rivoluzione della Terra intorno al Sole sono gli unici moti allora noti del sistema di riferimento non inerziale terrestre.

Il vero problema: l’Eliocentrismo del Cosmo

Bisognerà aspettare le osservazioni di Harlow Shapey nel 1914 per confermare che il Sistema Solare si trova lontano dal centro della Via Lattea, di cui abbiamo avuto la conferma essere una galassia solo nel 1922 grazie ad Hubble. Risultati che hanno permesso di riconoscere e stimare la velocità di rivoluzione del Sistema Solare intorno al centro galattico. Problemi affrontati nel Grande Dibattito che si concluse solamente nel 1927.

Quindi nell’Ottocento era verosimile pensare che il Sole fosse fermo nel cosmo, e quindi era verosimile pensare che esistesse un etere assolutamente fermo rispetto cui tutto si muove. Quindi sebbene l’Etere di Lorentz sia molto più sofisticato dei modelli precedenti comunque continuava a descrivere il Sole ed il Sistema Solare in una posizione privilegiata nell’Universo.
Sebbene l’Eliocentrismo ci abbia salvato dal Geocentrismo, era una visione ancora troppo antropocentrica per cercare di descrivere qualcosa di nuovo.

Oltre ai problemi cosmologici, senza per forza disquisire di massimi sistemi, bisogna dire che nella progettazione ingegneristica delle macchine elettriche, come dinamo, motori a corrente continua, alternatori, motori asincroni e sincroni, si considerano sempre le velocità relative fra rotore e statore, (o fra rotore e campo magnetico rotante nel caso dei motori asincroni e sincroni), e quindi le velocità relative fra magneti e conduttori. Quindi come indicato da Mach, che dev’essere l’esperienza a suggerire la strada da percorrere e non le concezioni metafisiche. Di conseguenza, che la strada da seguire dovesse considerare esclusivamente i moti relativi.

Einstein vs l’Etere

Arriviamo ad Einstein e al come cercò di dare il suo contributo al problema dell’etere. Per capirlo dobbiamo guardare più da vicino il modello di Lorentz, a cui sono rivolti gli articoli del 1905 che sanciscono la nascita della Relatività Ristretta.


Com’era descritto l’Etere di Lorentz?

Come abbiamo già detto, era descritto come un fluido, assolutamente fermo, ma non si poteva dire nulla sulla sua natura, se non che in esso valgono le trasformate di Lorentz che garantiscono l’invarianza della velocità della luce. In quanto fluido, è dotato di proprietà meccaniche (le stesse proprietà della materia ordinaria).

Da un fluido ad uno spazio dotato di proprietà fisiche

E qui, si opera quel che si fa comunemente in Meccanica del Continuo. Cioè, poste le ipotesi per lo studio del solido (o del fluido), questi magicamente sparisce lasciando al suo posto la descrizione di uno spazio geometrico dotato di proprietà fisiche.

È quel che si fa per descrivere come le sollecitazioni che agiscono su un solido ne deformino la struttura, o come un flusso d’aria lambisce l’ala di un aereo.
Concentriamoci sull’esempio solido. Immaginiamo di voler studiare come si deforma un oggetto sottoposto ad una compressione isotropa (cioè una compressione proveniente da tutte le direzioni). Poste le opportune ipotesi e le opportune proprietà del materiale (densità e proprietà elastiche descritte dai Moduli di Young e di Poisson), il volume occupato dal solido lascia il posto ad uno spazio, genericamente identificato come un reticolo cristallino (lattice structure), dove i nodi servono come marcatori per visualizzare la deformazione. Applicando lo sforzo di compressione, il materiale si deforma elasticamente come previsto dalla Legge di Hooke, comprimendosi, e quindi i nodi del reticolo vengono spostati in una nuova posizione.

In questo caso il solido lascia il posto ad uno spazio geometrico dotato di proprietà fisiche, perché è un modello geometrico che serve per descrivere un ente reale, che può essere ad esempio un modello ingegneristico di un componente. In modo del tutto analogo era possibile astrarre l’Etere di Lorentz.

Esempio di compressione isotropa.
In blu è rappresentata la geometria di riferimento, “a riposo”. Mentre in rosso la geometria deformata.
In particolare sono stati evidenziati i nodi, su cui sono calcolati gli spostamenti.
La rotazione del punto di vista è stata introdotta solo per mostrare meglio l’effetto.

L’Asimmetria dell’Etere Luminifero

Proprio perché descrive L’UNICO sistema di riferimento assoluto, era possibile descrivere fenomeni differenti a seconda di cosa fosse in quiete rispetto all’Etere Luminifero ed a seconda di cosa in moto. Einstein nel suo primo articolo Zur Elektrodynamik bewegter Körper: Sull’elettrodinamica dei corpi in movimento porta l’esempio del magnete e del conduttore. A seconda di chi dei due sia in quiete rispetto all’Etere Luminifero, si descrivono fenomeni differenti. La formazione di un campo elettrico intorno al magnete in movimento genera correnti elettriche nel conduttore in quiete. Nel caso del conduttore in movimento si osserva l’assenza di campo elettrico intorno al magnete e la forza elettromotrice nel conduttore indotta dal campo magnetico del magnete in moto. Queste due descrizioni, essendo differenti costituiscono un’asimmetria, cioè indicano un’anisotropia dello spazio, dovuta proprio al dover considerare un etere dotato di proprietà meccaniche.

Lo scacco matto di Einstein

Einstein si introduce nel dibattito proprio per giungere ad un’elettrodinamica più semplice.
Introduce formalmente un nuovo tipo di spazio, che oggi chiamiamo Spazio Reale sostituendolo allo spazio dotato di proprietà fisiche descritto nell’astrazione dell’Etere Luminifero. Era possibile intenderlo come un ente geometrico dotato di proprietà fisiche, legato indissolubilmente al tempo. Anche il concetto di tempo relativo è protagonista di questa nuova rivoluzione della Fisica. Infatti descrivendo il tempo come relativo, cambia il concetto di Simultaneità degli eventi. Introduce il Principio di Relatività, inspirato al Positivismo Machiano. Attraverso di esso riesce a svincolare le Trasformate di Lorentz dal concetto di sistema di riferimento assoluto delle trasformate galileiane, ridefinendole in funzione dei concetti di spazio e tempo relativi. Dovremo aspettare Minkovsky per unirli in un unico ente quadridimensionale, lo Spazio-Tempo, nel 1908.

spazio-tempo
Il Cronotopo indicato dallo Spazio-Tempo. Fonte: Wikipedia

Einstein riesce a razionalizzare il nuovo paradigma ereditato da Ernst Mach incentrato sui moti relativi e quindi sui concetti di spazio e tempo relativi.
Abbiamo già approfondito il rapporto fra Einstein e Mach in questo articolo:

Eliminate le proprietà meccaniche, cessa la necessità di dover considerare l’esistenza di un Etere Luminifero dotato di proprietà meccaniche. Dunque, lo spazio acquisisce Covarianza. Cioè che passando da un sistema di riferimento inerziale all’altro tramite le trasformate di Lorentz, non si osservano fenomeni differenti. Dunque lo spazio diventa isotropo, senza prediligere direzioni rispetto ad altre. Un esempio ne è l’interpretazione relativistica del campo magnetico, che abbiamo riportato in questo precedente articolo:

Fine dei giochi?

Eclisse totale di Sole del 29 Maggio 1919 che permise di osservare per la prima volta la deflessione gravitazionale della luce prevista grazie al nuovo modello di spazio-tempo. Osservazione nota come esperimento di Eddington. Fonte: Wikipedia

Einstein cambiò sostanzialmente le carte in tavola offrendo una visione completamente nuova e rivoluzionaria della realtà. Ovviamente c’è voluto del tempo affinché il modello da lui proposto convincesse la comunità scientifica, soprattutto grazie alle prime prove sperimentali che hanno permesso di osservare nuovi fenomeni predetti dalla descrizione relativistica, che non era possibile prevedere con la descrizione classica.

Certamente, non si smise istantaneamente di pensare all’idea di etere. Quindi, sconfitto il villain, la storia finisce qui? In realtà c’è spazio per un sequel! Senza spoilerarvi troppo, anzi, riprendendo solo quanto scritto qui e negli articoli precedenti posso dirvi che, ricordando che lo Spazio Reale è sempre uno spazio dotato di proprietà fisiche è comunque l’astrazione di un ente fisico, e che lo stesso Einstein…

…niente, lo leggerete nel sequel!

Fonti

History of Lorentz Trasformations

Einstein e l’Etere [Kostro L.]

A history of the theories of aether and electricity: from the age of Descartes to the close of the nineteenth century. [Wittaker, E.T.]

Immagine di copertina derivata da un’immagine di Marcela Bolívar da Pixabay



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