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10 falsi miti sull’allunaggio

Fin dagli anni ’70, le tesi sul complotto dell’allunaggio hanno sempre perseguitato questo evento storico. In questo articolo cerchiamo di fare un po’ di debunking sui 10 principali miti che vengono sostenuti dai cosiddetti “lunacomplottisti”.

Perché il debunking

Su questo sito non siamo soliti fare debunking. Crediamo infatti che farlo non sia una delle operazioni migliori per fare informazione, perché nonostante alcuni fatti possano considerarsi dati di fatto più o meno inoppugnabili, è necessario riconoscere che il dubbio sia, per sua natura, uno strumento positivo; perché chi è attento agli eventi, e dunque osserva il mondo intorno a sé, è chi si fa domande e non dà nulla per scontato. L’atteggiamento che dovrebbe avere uno scienziato che cerca di non proiettare un suo preconcetto sul mondo è proprio lo stesso con cui, seppure in maniera spesso distorta o fantasiosa, il complottista arriva a dubitare di cose che pure sono accettate come dati di fatto dalla comunità scientifica.

Nella storia della scienza le critiche sono sempre state costruttive perché hanno permesso alle teorie di rafforzarsi e colmare molte lacune, od hanno permesso grandi salti avanti, delimitando gli ambiti di validità di alcune leggi o ipotesi e portando a stabilire nuove leggi nei casi in cui non lo fosse. Per questi motivi pensiamo che non bisogni mai ostacolare il dubitare, purché non sia un’attività fine a se stessa ed effettuata senza gli strumenti adatti per farlo. Questo articolo vuole quindi fornire proprio alcuni strumenti necessari per capire la complessità delle questioni che vengono trattate in genere superficialmente dal dubitatore non informato di turno, che preferisce dubitare per difendere una tesi a cui crede a prescindere, o che preferisce ascoltare una campana e non tutte. La risposta alle singole domande vuole quindi essere uno strumento per capire che per poter dubitare in maniera produttiva, occorre dotarsi degli strumenti necessari a farlo.

I presupposti politici, c’erano?

Per rispondere a questa domanda abbiamo chiesto ad Emiliano Battisti, esperto di geopolitica e di politiche spaziali, nonché coordinatore del programma spazio de Il Caffè Geopolitico, che già in passato avevamo consultato riguardo alla questione della Tiangong-1.

La corsa allo spazio era uno dei terreni di sfida tra le due superpotenze, Unione Sovietica e Stati Uniti. Entrambe volevano dimostrare che il loro modello economico, sociale e politico era in grado di battere l’avversario in tutti i campi, da quello militare a quello sportivo passando per la tecnologia. Dopo le iniziali vittorie sovietiche, la Luna era la destinazione ultima della corsa, ed entrambi i Paesi investirono ingenti risorse economiche e umane per vincere. Una sconfitta significava perdere la faccia nella più grande sfida dell’umanità e nessuna delle due poteva permetterselo. I sistemi di spionaggio erano talmente efficaci che i sovietici sapevano della bomba atomica prima che fosse testata per la prima volta ad Alamo Gordo. E nel progetto Manhattan erano coinvolte molte meno persone che per l’Apollo. Nel caso della missione lunare, siamo sull’ordine delle oltre 400 000 coinvolte direttamente o indirettamente. Ciò significa che se l’allunaggio fosse stato una finzione, i sovietici lo avrebbero saputo sicuramente ed avrebbero molto volentieri denunciato al mondo intero la truffa, vincendo di fatto la Guerra Fredda.

1. Non ci sono stelle nel cielo della Luna!

Uno dei ritornelli che si sentono più spesso è “ma perché se sulla Luna non c’è atmosfera, nelle foto dell’allunaggio non si vedono stelle?”. Si tratta di un dubbio intuitivamente corretto: sulla Terra siamo soliti vedere tante più stelle quanto più ci spostiamo in zone in cui gli effetti dell’atmosfera sono deboli. La diretta conseguenza del non avere atmosfera sarebbe quindi quella di vedere un cielo fantastico, e anzi non avendo alcuno schermo che impedisca di vedere le stelle ci si aspetterebbe di poterle vedere tutte. Ma qual è il punto allora? Beh, i punti sono almeno due, anche se in realtà vanno di pari passo: l’albedo della Luna e i tempi di esposizione. Avete mai provato a fotografare un cielo notturno? Vi sarete accorti che per ottenere qualcosa invece che un’immagine nera, è necessario aumentare il tempo di esposizione, ossia il tempo in cui l’otturatore della macchina fotografica deve restare aperto per raccogliere abbastanza fotoni provenienti dalle stelle da farle apparire nell’immagine. Se insieme alle stelle avete anche la Luna piena, che succede se provate a fotografarla usando lo stesso lungo tempo di esposizione? Succede che raccoglierete troppi fotoni provenienti dalla superficie lunare, e la foto verrà troppo luminosa.

Gli astronauti hanno dovuto allora ridurre i tempi di esposizione per poter riprendere il suolo lunare senza renderlo troppo luminoso, a scapito della presenza delle stelle nelle fotografie che avrebbero necessitato di tempi di esposizione molto più lunghi.

2. Se la luna è così piccola nel cielo della Terra, perché la Terra è così grande nel cielo della Luna?

Una bellissima foto d’epoca della Terra vista sorgere dalla Luna. La foto è stata scattata a dicembre del 1968, dall’equipaggio dell’Apollo 8. Credits: NASA

La dimensione di un oggetto in cielo viene indicata in gradi utilizzando quello che è definito come diametro angolare, ottenibile calcolando l’arcotangente(diametro/distanza). Facciamo una prova (cercate il tasto arctan o arctg o tan-1 sulla vostra calcolatrice). La Luna ha un diametro medio di 3 474 km ed una distanza media da noi di 384 400 km. Usando la formula appena data si ottiene un diametro angolare di circa 0.5°. Se invece stessimo sulla Luna, quanto sarebbe grande la Terra? Ripetendo il calcolo con il diametro medio terrestre di 12 745 km, si ottiene un diametro angolare di 1.9°, quasi quattro volte la dimensione della Luna vista dalla Terra. Quindi perché la Terra si vede così grande? Perché è giusto così, la Terra ha un diametro quasi 4 volte quello della Luna.

3. Perché dopo l’Apollo 11 non ci siamo più tornati?

Spesso a favore delle tesi negazioniste vengono citati pezzi di interviste di astronauti, come “al momento possiamo volare solo nell’orbita terrestre, non possiamo andare più lontano” estrapolata da un’intervista a Samantha Cristoforetti e l’allora capitano della ISS Terry Virts (Marzo 2015) in cui i due rispondendo alla domanda “sul futuro dell’esplorazione dello spazio dopo la stazione spaziale” citano il progetto della NASA di realizzare il nuovo Sistema di Lanciatori Spaziali (SLS) pesanti, in grado di portare la navicella Orion ed altri veicoli verso la Luna ed oltre.
Questa frase viene completamente estrapolata dal proprio contesto e caricata di un significato che non ha.
Infatti come abbiamo visto qui giungere nello spazio non significa semplicemente uscire fuori dall’atmosfera terrestre, ma farlo in un modo da permettere alla navicella di rimanerci, come accade per la ISS ed i satelliti. Questo si ottiene grazie al posizionamento degli oggetti spaziali in orbita intorno la Terra. L’orbita è una particolare traiettoria ellittica (o circolare) in cui la forza centrifuga dovuta alla velocità di rotazione intorno al corpo celeste controbilancia la forza di gravità e quindi impedendo al satellite artificiale di cadere al suolo. E’ lo stesso motivo per cui la Luna non cade sulla Terra, o qualsiasi satellite intorno al proprio pianeta, e la Terra e tutti gli altri pianeti non cadono sul Sole.
Essenzialmente dunque i razzi servono a far acquisire questa velocità, e portare le navicelle fuori dall’atmosfera.
Come anche avevamo spiegato nel nostro approfondimento sulla propulsione spaziale (ma anche qualsiasi, dato che si basa su principi fisici che viviamo quotidianamente), la forza che provoca la spinta è in grado di fornire una accelerazione che è proporzionale alla massa dell’oggetto che viene mosso [II Principio della Dinamica].
Quindi non è strano pensare che un lanciatore possa trasportare verso la Luna un carico di massa qualsiasi, ma che deve comunque rientrare entro certi limiti che dipendono da lanciatore a lanciatore.
Precisamente per portare una navicella verso la Luna il lanciatore deve accelerarla fino ad una velocità di circa 11 km/s. Quindi la velocità che il razzo riesce a fornire dipende essenzialmente dalla massa della navicella che trasporta, ed una navicella come quella della missione Apollo, composta da Modulo di Comando, Modulo di Servizio e LEM (il modulo per l’atterraggio), aveva una massa di ben 45 tonnellate, compreso il carburante. Ad esempio la sonda Cassini che fu spinta verso Saturno aveva una massa di 2,5 tonnellate, che un comune lanciatore attualmente disponibile poteva riuscire ad accelerare fino alle velocità che le permettevano di allontanarsi dalla Terra e dirigersi verso Saturno.
Quindi il SaturnV accelerava con i suoi 3 stadi una massa di 45 tonnellate ad una velocità di circa 11 km/s, capacità non disponibile per i lanciatori comunemente usati per portare gli astronauti in orbita terrestre (come le Soyuz) o qualsiasi altro lanciatore comunemente usato (Ariane 5, Proton M, Lunga Marcia, Delta, Atlas, Falcon9). La variazione di velocità che un razzo può fornire al carico trasportato viene descritta dall’Equazione di Tsiolkovsky, che avevamo descritto qui.
Si capisce da sé che quella frase non si riferisce ad una incapacità tecnica derivata dal fatto che ad oggi mancano le tecnologie per riportare l’uomo sulla Luna, ma che manca semplicemente un razzo abbastanza grande e potente per farlo. Dopo le 6 missioni Apollo che misero piede sulla Luna non sono più stati lanciati razzi così grande e potenti. Potete trovare la versione italiana dell’intervista qui di seguito:


Quindi non ci siamo più tornati con equipaggi umani perché al momento non c’erano abbastanza motivazioni per giustificare una spesa così ingente. Dopo la vincita della corsa allo spazio ed il fallimento del progetto sovietico del lanciatore pesante N1, la direzione sovietica si mosse verso il controllo dello spazio intorno la Terra. L’URSS cominciò a realizzare le prime stazioni spaziali (Salyut)e così la NASA fece altrettanto (Skylab). Nonostante ciò si è continuato a mandare sonde robotiche verso la Luna anche per studiare la fattibilità dell’estrazione di risorse in loco, come l’Elio-3 [3He]

4. Ma come, se erano appena atterrati perché essere così tristi?!

È credenza comune che le conferenze stampa a cui sono stati partecipi gli astronauti si siano svolte subito dopo il rientro a Terra degli astronauti. Nel far ciò si ignora tutto l’iter di procedure a cui gli astronauti erano sottoposti al loro rientro a Terra. In particolare per l’Apollo 11 furono molto complesse, per le successive si adottarono misure più leggere e furono definitivamente tolte a partire dall’Apollo 15.
Venivano sottoposti a quarantena presso il Lunar Receiving Laboratory per evitare qualsiasi tipo di contaminazione.
La procedura (riassunta da qui) consisteva di tre fasi: la prima in cui si recuperavano gli astronauti dal modulo di comando evitando qualsiasi contaminazione con l’ambiente. Ciò avveniva grazie ad un sub che dotava gli astronauti di tute anti-contaminazione da indossare a bordo del modulo di comando stesso in attesa di essere recuperati.
La seconda fase in cui si procedeva ad isolare il modulo di comando, i campioni riportati dalla Luna e gli astronauti per porli in sicurezza per il viaggio verso il Lyndon B. Johnson Space Center, in cui avveniva la terza fase: la quarantena vera e propria, che aveva una durata complessiva di 3 settimane, contate a partire dall’inizio del viaggio di rientro dell’Apollo (della durata di circa 3 giorni).
Quindi gli astronauti avevano tutti i motivi per non presentarsi “euforici” alla conferenza stampa!

5. Le suole della tuta di Armstrong non erano a righe come nella foto!

Fonte

La questione in realtà è molto più semplice.
Gli astronauti indossavano degli stivali rinforzati sopra la tuta per le attività extraveicolari (EVA).
Si possono notare in tutte le EVA come indumento aggiuntivo alle tute.
Mistero risolto!

6. Le Fasce di Van Allen non si possono attraversare!

Le fasce di Van Allen sono due fasce toroidali che circondano la Terra. Sono composte da elettroni e protoni veloci, quindi ad alta energia, del vento solare intrappolati nel campo magnetico terrestre. Quella interna, più densa, è composta prevalentemente da un plasma di elettroni e ioni positivi, mentre quella esterna, più rarefatta, è composta quasi esclusivamente da elettroni.
Furono scoperte da Van Allen negli anni 50 grazie ai magnetometri del primo satellite statunitense (Explorer 1) che ci volò attraverso. Dunque non si tratta di “barriere invalicabili” simili agli scudi energetici che difendono astronavi e pianeti nella fantascienza che dovrebbero impedire a qualsiasi oggetto di attraversarle. Si tratta di zone in cui sono concentrate queste particelle che costituiscono delle radiazioni ionizzanti.
Le radiazioni in esame sono radiazioni alfa (α) e beta (β), facilmente schermabili dai costituenti dell’involucro della navicella: metallo e plastica. Plastiche come il polietilene ad alta densità assorbono i raggi X che possono essere prodotti dall’impatto di queste particelle con il metallo dell’involucro delle navicelle. Schermature adeguate permettono di risolvere eventuali problemi. Come dimostrano le sonde gemelle che stanno studiando dal 2012 le fasce interne ed esterne.
I componenti che rischiano maggiormente di danneggiarsi sono i pannelli fotovoltaici di cui l’Apollo era sprovvisto e l’elettronica di bordo essendo sensibile a sbalzi di tensione che possono essere indotti dalle radiazioni non schermate.
Dunque è facile ricordare che nel 1969 l’elettronica non era miniaturizzata e sofisticata e quindi meno sensibile di quella moderna a possibili influenze esterne.
Inoltre il passaggio della prima fascia, quella potenzialmente più pericolosa si può stimare essere durato circa 15 minuti (l’Apollo ha abbandonato la Terra ad una velocità di circa 11km/s, e la fascia interna si estende mediamente dai 1000 ai 6000 km dalla superficie terrestre). E’ difficile stimarlo con precisione perché le fasce tendono a rispondere agli agenti esterni come l’attività del vento solare modificando la loro dimensione, e non hanno una superficie di demarcazione.

7. Perché non hanno voluto giurare sulla Bibbia?

Bart Sibrel è un regista che, scettico riguardo alle missioni Apollo, ha prodotto vari documentari sulle tesi negazioniste (il primo nel 2001). Ha braccato per anni gli astronauti cercando di farli giurare sulla Bibbia riguardo alla loro impresa. E’ celebre l’aneddoto secondo cui il 9 Settembre 2002, avendo raggiunto Buzz Aldrin a Beverly Hills in California si sia preso un pugno in volto dall’ex astronauta dopo che a seguito dell’ennesimo rifiuto di giurare sulla Bibbia gli ha dato del “codardo, ladro, bugiardo“. Possono essere molteplici i motivi per cui non abbiano voluto sottostare a queste richieste, quindi non esiste un reale nesso fra la veridicità dell’evento e questi aneddoti.

8. Le zampe del modulo lunare sono pulite dalla polvere lunare

La Luna non ha atmosfera, dunque le polveri non sono soggette a muoversi all’interno di un fluido già presente.
Questo, insieme all’alta velocità del getto dei gas espulsi dai propulsori ed alla ridotta accelerazione gravitazionale lunare, ha fatto sì che le polveri sollevate si fossero allontanate al momento della loro ricaduta sulla superficie.

9. Chi ha fatto la foto al “primo uomo”?

Fonte: NASA

Semplicemente in questa foto non è raffigurata la discesa di Neil Armstrong, ma di Buzz Aldrin. Armstrong era già uscito e, presa la telecamera, ha ripreso la fuoriuscita del suo collega dal LEM.
Si può dire che il primo uomo a camminare sulla luna è stato un camera-man!

10. Sulla Luna non fa troppo caldo?

Il vuoto è il miglior isolante termico esistente. Non a caso nei vostri Thermos esiste un intercapedine in cui è ricreato il vuoto che isola la stragrande maggioranza della superficie di contatto del contenitore dall’esterno, impedendo il passaggio di calore per convezione, conduzione ma mantenendo il passaggio di calore per irradiazione.
Dunque nello spazio i sistemi sono progettati per disperdere il calore prodotto all’interno, anche le tute spaziali.
L’assenza di atmosfera fa sì che la temperatura non sia mitigata da un effetto serra e ci sia invece una fortissima escursione termica tra il giorno e la notte. Di giorno, all’equatore, la temperatura sulla superficie lunare si aggira attorno ai 130°C, mentre di notte può scendere anche fino a -170°C. Come hanno fatto allora gli astronauti ad aggirarsi a temperature simili e le pellicole a non liquefarsi?

Bisogna dire alcune cose:

    1. Quei valori di temperatura sono i massimi ed i minimi, che si ottengono dopo il mezzogiorno e poco prima dell’alba. Gli sbarchi avvennero poco dopo l’alba proprio per evitare questi inconvenienti.
    1. Il concetto di temperatura su un corpo celeste privo di atmosfera è del tutto differente da quello di un corpo che ne è provvisto. Infatti, non essendoci atmosfera, la temperatura estrema si riferisce unicamente al suolo ed il calore non si trasferisce dal suolo alla pellicola o alla maggior parte del corpo dell’astronauta.
  1. L’unico modo di trasferimento del calore in tal caso è l’irradiazione. Un oggetto esposto al Sole sulla Luna riceve circa la stessa quantità di radiazione solare che riceverebbe sulla Terra in alta montagna e con il bel tempo, dove le foto vengono scattate regolarmente. Inoltre, le fotocamere lunari erano trattate in modo da essere riflettenti invece che essere nere, proprio per minimizzare gli effetti della radiazione solare.

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